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Franco Era (Psd’az): "Parlamento UE tuteli diritto al lavoro della Sardegna contro Stato italiano"

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Riceviamo e pubblichiamo la Petizione al Parlamento Europo di Franco Era, Legale e Consigliere comunale del Psd’az a Sassari, presentata ai sensi dell’art. 227 del TFUE e degli art. 201 (Diritto di Petizione) 202 (esame delle Petizioni), 203 (pubblicità delle Petizioni),per la VIOLAZIONE DEI DIRITTI SOCIALI ED ECONOMICI E DIRITTO AL LAVORO DI CUI ALLA CARTA SOCIALE EUROPEA.

I motivi della petizione presentata da Franco Era sono costituiti dal mancato rispetto delle leggi comunitarie relativamente alla tutela della sicurezza sociale e protezione dei cittadini Italiani e Sardi in particolare, per la perdita del posto di lavoro e più in particolare per la violazione dei fondamentali diritti sociali ed economici che gli Stati membri del Consiglio d’Europa devono garantire così come stabilito dal Trattato istitutivo della Carta Sociale Europea ratificata dall’Italia nel luglio 1999. In pratica l’Italia non rispetta il diritto al lavoro e ha posto in essere politiche per l’impiego insufficienti. Fatto Come risulta dalla pubblicazione del Comitato Europeo sui Diritti sociali del febbraio 2013 in relazione alla verifica dell’applicazione della normativa europea (prerogativa dello stesso organo del Consiglio d’Europa che periodicamente esamina i rapporti inviati dagli Stati membri), la situazione descritta nella relazione dello stato italiano, non è conforme ai principi sanciti nel trattato istitutivo della Carta Sociale Europea e ad oggi la situazione pare ulteriormente peggiorata.

 

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PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO COMMISSIONE PER LE PETIZIONI

 

VIOLAZIONE DEI DIRITTI SOCIALI ED ECONOMICI E DIRITTO AL LAVORO DI CUI ALLA CARTA SOCIALE EUROPEA

 

Il sottoscritto Francesco Era, quale cittadino dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 227 del TFUE e dell’art. 201 (Diritto di Petizione) art.202 (esame delle Petizioni), 203 (pubblicità delle Petizioni) ), in base al regolamento di procedura del Parlamento Europeo; e visto l’art. 11 paragrafo 4 TUE, art. 24 paragrafo 1 TFUE Regolamento 211/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo del 06/02/2011 riguardante l’iniziativa di cittadini europei, visto l’art. 197 bis del Regolamento del Parlamento Europeo, presenta alla Commissione per le Petizioni la presente Petizione che riguarda: La violazione dei diritti fondamentali dei cittadini europei, così come discende dai trattati, e dalla Carta dei Diritti, ovvero Capo I Dignità umana, Diritto alla Vita, Diritto all’Integrità della Persona, Capo II Libertà e alla Sicurezza e Diritto al Lavoro, capo III Uguaglianza, non Discriminazione (art. 13 Trattato) Capo IV Solidarietà, Sicurezza Sociale e Assistenza Sociale, Capo V Cittadinanza, Diritto a una Buona Amministrazione, Diritto di Accesso ai Documenti, Principio di Pari Trattamento. Diritto di Petizione, Mediatore Europeo art. 43 Sicurezza Sociale e Assistenza Sociale Diritto al lavoro: L’unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e quindi la protezione anche in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilite dal diritto dell’Unione e le legislazioni e prassi nazionali. L’Unione rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa. a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dall’Unione.

 

MOTIVAZIONI

 

I motivi della presente petizione sono costituiti dal mancato rispetto delle leggi comunitarie relativamente alla tutela della sicurezza sociale e protezione dei cittadini Italiani e Sardi in particolare, per la perdita del posto di lavoro e più in particolare per la violazione dei fondamentali diritti sociali ed economici che gli Stati membri del Consiglio d’Europa devono garantire così come stabilito dal Trattato istitutivo della Carta Sociale Europea ratificata dall’Italia nel luglio 1999. In pratica l’Italia non rispetta il diritto al lavoro e ha posto in essere politiche per l’impiego insufficienti. Fatto Come risulta dalla pubblicazione del Comitato Europeo sui Diritti sociali del febbraio 2013 in relazione alla verifica dell’applicazione della normativa europea (prerogativa dello stesso organo del Consiglio d’Europa che periodicamente esamina i rapporti inviati dagli Stati membri), la situazione descritta nella relazione dello stato italiano, non è conforme ai principi sanciti nel trattato istitutivo della Carta Sociale Europea e ad oggi la situazione pare ulteriormente peggiorata. Tale verifica ha accertato che vi è la violazione dei fondamentali diritti sociali ed economici che gli Stati membri del Consiglio d’Europa dovrebbero garantire. In particolare si è appurato che in Italia non sono stati rispettati i diritti legati alla protezione sociale e al lavoro. Lo stesso Comitato ha appurato che sono stati inadeguati gli interventi sia sul fronte della lotta alla disoccupazione che su quello della creazione di nuovi posti di lavoro a causa di scarse misure orientate a sviluppare il mercato del lavoro. Il Comitato elabora la sua valutazione sulla base delle informazioni fornite dai paesi membri e sui dati Eurostat relativi al periodo di esame. I più significativi parametri riguardano il prodotto interno lordo, i fondi destinati alle politiche occupazionali, il tasso di occupazione e quello di disoccupazione, anche dei giovani Il Comitato ha anche rilevato che le informazioni fornite dal governo italiano sono state esigue in relazione all'efficacia delle misure prese per favorire l'impiego. Il Comitato si domanda quindi se le autorità hanno fatto un bilancio delle politiche attuate, e più in generale come viene valutata la loro efficacia. Secondo il Comitato le informazioni date dal governo hanno invece permesso di stabilire che in Italia viene rispettato il diritto all'orientamento e alla formazione professionale, così come le pari opportunità lavorative e professionali delle donne. Risulta che il suddetto Comitato, esaminato il rapporto italiano, ha riscontrato la non conformità rispetto alla Carta Sociale dei Diritti già nell’anno 2010 relativamente a quanto segue: - l’articolo 2 della Carta parla del diritto a eque condizioni di lavoro, nel primo paragrafo si dice che il tempo di lavoro “ragionevole” non dovrebbe superare le 8 ore giornaliere e le 40 ore settimanali mentre ad esempio nel settore ittico è stato sforato il numero delle ore nonostante in conformità a Direttive Comunitarie, la settimana lavorativa può raggiungere al massimo le 72 ore. Questa era stata la prima non conformità alla Carta Sociale dei Diritti rilevata in Italia. Anche per ciò che riguarda il 2° paragrafo dell’Articolo 2, “le festività pagate”, viene rilevata una non conformità. Sulla base delle informazioni ricevute, l’aumento di stipendio dato a chi lavora durante le festività non è sufficiente a compensare lo sforzo cui è costretto un lavoratore. Secondo le osservazioni del Comitato, infatti, il lavoro, in questi casi, dovrebbe essere pagato il doppio rispetto al salario consueto. L’Italia non rispetta la Carta anche per ciò che riguarda l’eliminazione dei rischi legati ai lavori pericolosi e dannosi per la salute. Secondo il Comitato, infatti, ogni Stato dovrebbe adottare misure per migliorare la sicurezza sul lavoro, cercando di ridurre i fattori di rischio. Il Decreto legislativo n. 81/2008 ha di certo migliorato alcuni aspetti legati alla sicurezza sul lavoro ma non ha risolto il problema soprattutto perché, come suggerisce la Carta stessa, quando i rischi non possono essere eliminati del tutto bisognerebbe prevedere forme di compensazione come per esempio un maggiore tempo di risposo o un maggior numero di ferie pagate. In Italia, conclude il Comitato, non c’è una politica di prevenzione dei rischi per le occupazioni pericolose e non è sufficientemente garantito il diritto a giuste condizioni di lavoro nel caso in cui i rischi non possono essere del tutto eliminati. Per quanto riguarda la retribuzione, viene dato un giudizio di non conformità perché non si è potuto appurare se il salario minimo corrisposto ad alcune categorie di lavoratori garantisca un equo standard di vita. Nonostante la richiesta di nuove informazioni, il rapporto redatto dall’Italia ha riproposto le stesse conclusioni a seguito delle quali il Comitato ha formulato un nuovo giudizio di non conformità. La situazione delle Regioni italiane è particolarmente grave in Sardegna dove secondo dati ISTAT nel 2013 rispetto all’anno precedente, vi sono stati circa 54.000 posti di lavoro in meno con una perdita in percentuale di – 24,5% in Agricoltura, -11,80% nelle Costruzioni, - 7% nel Commercio, -12,7% nei Servizi. Solo nell’industria manifatturiera vi è un saldo positivo del 20%. Si è registrata la riduzione dell’occupazione e il contestuale aumento delle persone in cerca di lavoro (+20 mila unità). Questi i risultati dell’indagine Istat sulle forze di lavoro relative al secondo trimestre 2013. Tra aprile e giugno 2013 ad esempio gli occupati in Sardegna sono mediamente 552 mila, mentre erano 606 nello stesso periodo dell’anno precedente. I disoccupati viceversa si attestano a 127 mila, +20 mila rispetto al 2012 (secondo trimestre). Le forze di lavoro passano invece da 713 a 679 mila in un anno. Lo stesso Comitato ha appurato che sono stati inadeguati gli interventi sia sul fronte della lotta alla disoccupazione che su quello della creazione di nuovi posti di lavoro a causa di scarse misure orientate a sviluppare il mercato del lavoro. I settori di attività La perdita di occupati interessa prevalentemente il settore dei servizi, il cui calo è pari a 52 mila unità: -9 mila nel commercio, i restanti 43 negli altri servizi. Si ridimensiona anche l’agricoltura con una diminuzione di 9 mila unità. L’unico settore con segno positivo è quello industriale, ma solo per la manifattura: +12 mila, a fronte di una riduzione delle costruzioni di 4 mila occupati. Le attività professionali e le pari opportunità I lavoratori dipendenti sono quelli che risentono maggiormente della crisi, posto che si riducono di 37 mila unità, mentre per i lavoratori indipendenti la riduzione è pari a 17 mila. I maschi sono più colpiti registrando un calo di 31 mila unità (-8,6%), mentre per le femmine la riduzione è di 23 mila (-9,3%). La comparazione dei dati nella Regione Sardegna con la situazione nazionale. Il tasso di occupazione in Sardegna passa dal 52,6% del 2012 al 48,3% del 2013, a livello nazionale si è passati dal 57,1% al 55,7%, nel Mezzogiorno la variazione è dal 44,2% al 42,1%. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione in Sardegna cresce di 3,6 punti percentuali arrivando al 18,6%, un valore lontano dal 12% dell’Italia, anche se inferiore a quello del Mezzogiorno che sfiora il 20%. I dati del secondo trimestre 2013 confermano la pesante crisi occupazionale che investe l’intero territorio nazionale, Sardegna compresa. Secondo Rete Imprese Italia negli ultimi cinque anni in Sardegna hanno chiuso i battenti 3.200 aziende, Sulla base dello studio di Rete Imprese Italia, In Sardegna muoiono 27 imprese al giorno e negli ultimi cinque anni hanno chiuso i battenti 3.200 imprese artigiane con la perdita di oltre 6mila occupati. Nel solo 2012 il saldo negativo delle imprese è di circa 2.000 aziende, 1.045 nell’artigianato, 652 nel commercio e 274 negli alloggi e ristorazione. I consumi crollano del 13,3% (-3.500 euro l’anno), più del doppio rispetto al resto della Penisola, e la disoccupazione sale al 13,5%. È gravissima anche la situazione delle piccole imprese - con meno di 20 addetti, che nell’Isola rappresentano il 98,5% del totale e impegnano 275.000 addetti (il 73,5% degli occupati del settore privato). Il Settore dell’Industria in Sardegna: La gravissima crisi industriale che attraversa la Sardegna sarebbe dovuta alla mancanza di investimenti che potrebbero creare occupazione. I numeri della crisi dell'industria sarda sono emblematici di una situazione ormai cronica che si trascina da diversi anni. Trentaquattromila i disoccupati creati nel settore nell'ultimo triennio. E sono i circa 20 mila i lavoratori dipendenti di 1900 imprese in stato di crisi a essere stati ricollocati o in attesa in mobilità o cassa integrazione. Ancora, circa 12 mila lavoratori hanno richiesto i sussidi straordinari regionali, mentre ammontano a circa 107 mila le domande di disoccupazione. Le iniziative di protesta sono all'ordine del giorno., operai dell'Alcoa, degli appalti di Portovesme e dell'Eurallumina etc., davanti all'Assessorato regionale del Lavoro in piazza Giovanni XXIII cercano di farsi sentire e c'è anche chi a Cagliari è stato bloccato dalle forze dell'ordine mentre cercava di darsi fuoco. La battaglia all'Alcoa di Portovesme non è che la punta dell'iceberg di una situazione di progressiva desertificazione industriale che colpisce tutta la Sardegna. C'è fame di lavoro: i sindacati, ma anche la Regione, hanno sollecitato più volte Palazzo Chigi per l'apertura di un tavolo unitario sulla crisi nell'Isola, definita ormai "vertenza Sardegna". Ecco la mappa delle principali crisi in Sardegna: Oltre ad Alcoa è in bilico tutta la filiera dell'alluminio. Per la ex Ila, dopo l'acquisto da parte di un nuovo imprenditore sardo, si attende il progetto per il riavvio dello stabilimento che occupava 170 operai. Ancora nulla di fatto, invece, per la prima vertenza aperta nel territorio, quella dell'Eurallumina. Sono 400 le tute verdi che attendono il 27 settembre, data del nuovo incontro al Mise con la proprietà russa della Rusal che dovrebbe investire 120 milioni di euro. Chiusa definitivamente la Rockwool di Iglesias (150 lavoratori) a causa di una delocalizzazione produttiva di lana di roccia che in Sardegna non generava perdite. I 500 minatori della Carbosulcis (100 posti nell'indotto), dopo una dura protesta a meno 373 metri nel tunnel con esplosivo, avevano strappato l'impegno dal Governo per rivedere il progetto integrato di centrale elettrica alimentata con il carbone e lo stoccaggio dell'anidride carbonica, evitando la fermata a fine 2012. Per quanto attiene la Keller - Sfumato l'accordo con il gruppo Ceco della Skoda, si attende che si concretizzi l'ipotesi di un gruppo austriaco o altri che affitti il ramo d'azienda di Villacidro (Medio Campidano) per produrre motrici e carrozze ferroviarie. Ad Ottana nella Sardegna centrale, - in un territorio che ha già perso oltre 2.000 posti di lavoro nel tessile, non regge neppure la chimica del Pet, travolta dall'annunciata chiusura della centrale elettrica Ottana Energia, in partnership tra il gruppo Clivati e i thailandesi di Indorama. Annuncio di mobilità per 250 lavoratori dopo che Terna non ha inserito la centrale tra le produzioni indispensabili per garantire l'equilibrio della rete. Nel petrolchimico di Porto Torres non operano più 1.200 lavoratori e per i 150 della Vinyls, dopo l'occupazione per oltre un anno dell'isola dell'Asinara, ribattezzata Isola dei cassintegrati, non c'è ancora pace. Sono oramai cinque anni che il quadro socio-economico della Sardegna è degenerato nella peggior crisi dal dopoguerra; assecondata dall’inerzia dei governi nazionali. Il nostro settore agro-zootecnico vive una crisi divenuta oramai perenne, dove l’applicazione di leggi e l’uso distorto di alcuni finanziamenti, hanno devastato il futuro di troppi imprenditori, già martoriati dalla peste suina e dal sistematico abbandono della terra coltivabile. Il mondo della grande industria ha lasciato soprattutto inquinamento che non si riesce a bonificare e la precarietà, dove la vita di migliaia di lavoratori si è dovuta legare, indissolubilmente, alle più svariate forme di sussidio, che non hanno permesso altro se non la disperazione. La piccola imprenditoria è entrata nell’occhio del ciclone: prima con l’Ufficio delle Entrate, poi con Equitalia, infine con le Banche, che hanno messo fine (costretto a chiudere) ad almeno il 30% delle piccole aziende, mentre le altre stanno affrontando un’insostenibile pressione fiscale e l’aggravarsi della crisi economica, oramai senza fine, che ci ha tolto ogni speranza di ripresa. Oramai anche il turismo, che pareva esente da crisi, si ritrova nel pieno della tormenta, provocato da fattori esterni, quali il monopolio privato della C.I.N. e di ONORATO ( non adeguatamente contrastato dalla politica italiana), che ha potuto aumentare le tariffe marittime e comprimere ulteriormente l’economia della Sardegna. La crisi come evidenziata dal rapporto Crenos: Sardegna, disoccupazione al 15% Tale Istituto descrive una crisi occupazionale senza precedenti. Così il 20° Rapporto del Crenos, il Centro Ricerche Economiche Nord Sud, definisce lo stato di salute del mercato del lavoro in Sardegna. L'industria tra i settori produttivi in caduta libera e nell'isola le ore di cassa integrazione aumentano del 600%. A fine 2013, la condizione economica della Sardegna appare particolarmente critica. Da una parte si conferma la stagnazione in termini di crescita del reddito e dei consumi, così come d’altronde accade a livello nazionale, dall’altra c'è una preoccupante riduzione degli investimenti. L'analisi del Centro Ricerche Economiche Nord Sud, ha certificato la grave situazione economica della Sardegna. Analizzando i dati disponibili - spiega il rapporto - per il 2012 i segnali non sembrano assolutamente incoraggianti. Sono proprio gli indicatori relativi al mercato del lavoro che rendono l’idea di una crisi generalizzata e profonda. Gli occupati totali in Sardegna alla fine del 2012 erano 595 mila, contro 613 mila nel 2007 (-2,9%). Al 2012 gli occupati in Sardegna sono quindi tornati gli stessi di quasi 10 anni prima, nel 2004 infatti erano 593 mila. Nello stesso periodo di tempo 2007-2012, il numero di disoccupati passa da 67 a 109 mila (+ 62,3%), portando il tasso di disoccupazione ufficiale sopra la soglia del 15%. Il Pil pro capite in Sardegna, calcolato dall’Istat a fine 2011 era pari a 17.810 di euro contro una media nazionale di 23.470 ed un valore per il Centro-Nord pari a 27.490. Nel biennio 2010-2011 il Pil non cresce, così come in Italia e nel resto del Mezzogiorno. I dati di fonte Eurostat indicano inoltre che, in questi anni di crisi, il rapporto tra il Pil pro capite della Sardegna è passato dall’80 al 78% rispetto alla media europea. Sul fronte della struttura produttiva il settore che in Sardegna ha subito il maggior decremento in termini di valore aggiunto è quello dell’industria in senso stretto (-2,5 punti percentuali), di minore entità il decremento in agricoltura, mentre per il settore dei servizi si registra un incremento pari a 4,4 punti percentuali. "Il segnale sembra dunque essere quello di una pressante necessità di investimenti da parte del sistema produttivo regionale per accrescere la competitività delle aziende. In tal senso gli investimenti pubblici rappresentati dalla spesa in conto capitale in settori strategici e competitivi per il sistema economico isolano risultano ancora marginali: al 2010 la quota di spesa in conto capitale sul Pil è di appena il 7% in diminuzione sia nell’ultimo anno (-2 punti percentuali) sia rispetto all’ultimo quinquennio disponibile (2006-2010), dove il decremento è di 4 punti percentuali. Altro capitolo di consistente criticità è rappresentato dalla quota destinata ai settori quali ricerca e sviluppo e formazione non raggiunge neanche l’1% ed il calo complessivo nel macro settore ambiente produttivo (costituito da agricoltura, industria, e servizi-turismo) è pari a -42% tra il 2009 e il 2010. Un dato emblematico della crisi in essere viene rappresentato dal ricorso alla cassa integrazione da parte delle imprese. "La crescita è costante dal 2008 e non subisce alcun rallentamento nemmeno nel 2011, come invece avviene nelle altre macro ripartizioni. I numeri dal 2007 al 2012 mostrano per la Sardegna un incremento delle ore autorizzate di CIG in rapporto all'occupazione pari al 600%. Il confronto geografico tra Centro-Nord e Mezzogiorno evidenzia una preponderanza delle ore autorizzate nel Centro-Nord per il quale, dal 2007 al 2012 sono cresciute di circa il 600%, mentre nel Mezzogiorno, nello stesso periodo, sono aumentate del 327%.Dal rapporto della SVIMEZ (Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno) risultava già una riduzione del PIL di – 3,5% con un tasso di emigrati sardi laureati del 20,3 %. Le famiglie povere sono 144.600 il 20,7% del totale. 113.300 i ragazzi sardi tra i 15 e 34 anni senza occupazione. Il tasso di occupati totale è del 51,7% di cui maschi è circa il 60% e femmine il 43% mentre il tasso di disoccupazione dei giovani entro i 24 anni è del 47,3%. Dulcis in fundo, i dati della disoccupazione della CNA registrano una posizione di merito negativo della Sardegna che occupa il primo posto nella classifica delle regioni italiane e si attesta fra le prime dieci regioni europee con il numero di disoccupazione giovanile più elevato. Non si investe sui giovani, sull’istruzione, sull’innovazione e sulla ricerca. Bisogna investire per creare occupazione. Serve un piano economico a livello di governo nazionale con adeguate politiche di coesione comunitaria. Un piano economico che possa puntare sulla riconversione sulle nuove tecnologie e sulla green economy, sull’agricoltura e agroalimentare la trasformazione in loco, le piccole e medie imprese e il turismo, onde evitare lo spopolamento che ha previsioni numeriche in progressione vertiginosa per i prossimi anni. La Sardegna infatti, sembra destinata a rivivere il dramma dell’emigrazione, visto che non è più conveniente esercitare nessuna attività sull’isola. Dalle valutazioni sopra indicate emerge un quadro inquietante ed inequivocabilmente lesivo dei diritti sociali ed economici che gli Stati membri del Consiglio d’Europa dovrebbero garantire. e che generano grande preoccupazione nella società civile europea. Premesso 1) che risulta una progressiva ed irreversibile dismissione, ad effetto domino, delle strutture industriali in particolare del Nord Sardegna (Regione che non è ancora riuscita ad avere politiche di coesione capaci di superare il gap dell’insularità certificato anche a livello di Unione Europea); che in detta Regione il livello di disoccupazione giovanile è il più alto in Italia e tra i più alti in Europa; che la grave condizione socio economica di detta Regione supera altre regioni d’Italia dove la chiusura degli stabilimenti al pari di quanto avviene in Sardegna determina una crisi economica ormai strutturale e il progressivo abbandono delle attività dell’indotto e in generale lo spopolamento verso il nord Europa; Atteso che relativamente alla Sardegna nello specifico risulta che Il 75% delle regioni d’Europa risulta più competitivo della Sardegna, con una capacità di innovazione inferiore di oltre il 90%, performance peggiori anche di competitors europei come Cipro, Baleari, Canarie e Croazia, un numero di laureati inferiore rispetto al 98%, reddito disponibile di circa 5mila euro in meno rispetto alla media nazionale. Che i dati della disoccupazione della CNA registrano una posizione di merito negativo della Sardegna che occupa il primo posto nella classifica delle regioni italiane e si posizione fra le prime dieci regioni europee con il numero di disoccupazione giovanile più elevato. Che la mancanza di investimenti e adeguate politiche di coesione e una costante inerzia nell’ attuare gli interventi necessari da parte del governo italiano, in particolare per la Sardegna, hanno determinato la lesione e la violazione dei principi e dei diritti stabiliti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, dei Trattati, della Carta Sociale Europea, delle Convenzioni e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite adottata nel 1948. 2) Visto che gli elementi descritti (che potranno essere approfonditi) sono scaturiti da fonti autorevoli e determinano un giustificato allarme delle istituzioni sovraordinate rispetto agli stati nazionali, si richiede al Parlamento Europeo una protezione effettiva della società civile europea e dei cittadini di tutte le regioni interessate e della Sardegna in particolare. 3) Considerato che il Parlamento Europeo ha la prerogativa di avvalersi dello strumento giuridico della commissione parlamentare straordinaria di inchiesta, si chiede che nel presente caso venga utilizzato senza indugio tale essenziale strumento e che la questione sia posta in via d’urgenza all’attenzione della Presidenza del Parlamento Europeo perché la possa prendere in esame nel più breve tempo possibile. 4) considerato inoltre che appare più che giustificato in considerazione delle argomentazioni edotte un intervento dell’Unione. Ciò allo scopo di garantire la protezione sociale e di sanzionare lo stato membro che non rispetti le obbligazioni assunte e che ha violato i diritti dei cittadini europei italiani e sardi in particolare così come previsto dai Trattati condivisi.

 

RIFERIMENTI NORMATIVI SU CUI SI BASA LA PETIZIONE

 

Carta Sociale Europea da questi ratificata. La Carta Sociale Europea è un trattato che contiene i fondamentali diritti sociali ed economici che gli Stati membri del Consiglio d’Europa dovrebbero garantire. Adottata nel 1961, è stata rivista nel 1996; la nuova Carta è diventata esecutiva nel 1999. L’Italia l’ha ratificata a luglio 1999. Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea adottata nel 2000.Art. 3 Diritto all’integrità della persona – ogni individuo ha diritto al rispetto della propria integrità fisica e mentale. Art. 6 diritto alla libertà e sicurezza-ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Art. 37 la protezione dell’ ambiente deve essere integrata nelle politiche dell’Unione e garantita in conformità al principio dello sviluppo sostenibile. Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dalle Nazioni Unite nel 1948. Art. 3 – ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. Art. 6. Ogni individuo in ogni luogo ha diritto ad essere riconosciuto come persona di fronte alla legge. Art. 8 – ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

 

CONCLUSIONI

 

Tutto ciò premesso chiedendo preliminarmente che la presente petizione sia accolta e venga dichiarata ricevibile, in considerazione della gravità dei fatti in essa denunciati nei punti da 1 a 4 del presente documento recante le motivazioni, si formalizzano le seguente richieste alla Commissione per le Petizioni: - Chiedere alla Commissione Europea ove non siano sufficienti i rapporti sopra richiamati, indagine preliminare approfondita a tutti i livelli per fornire informazioni riguardo al rispetto della legislazione comunitaria pertinente. - Se ritiene di elaborare e presentare una relazione completa al Parlamento da sottoporre a votazione in Aula o effettuare un sopralluogo informativo nella Regione interessata onde pubblicare una relazione della Commissione contenente le sue osservazioni e raccomandazioni; - Una Risoluzione o compiere qualsiasi altro passo giudicato opportuno per risolvere il problema e dare risposta alla presente Petizione - In ogni caso si chiede di essere informati della data della discussione della Petizione al fine di poter partecipare.

 

L’estensore della Petizione Francesco Era

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