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Storia - Il Sardo-Fascismo e la resistenza al Regime

Indice articoli

Il Sardo-Fascismo e la resistenza al Regime

 

L'ambizione di Pili, ormai uomo forte del Fascismo in Sardegna, fu quella, neanche tanto nascosta, di sardizzare il Fascismo: attuare attraverso la copertura fascista, i programmi del Sardismo. I sardo-fascisti (espressione ironica che i fascisti della prima ora affibbiarono ai nuovi fascisti di estrazione sardista) ripresero alcuni cardini di politica economica che il Sardismo aveva ereditato soprattutto da Attilio Deffenu: la formazione di cooperative di produttori del settore caseario mise fine al monopolio degli industriali del settore (provenienti per la quasi totalità dalla penisola) e così, nelle intenzioni del Pili, sarebbero dovute realizzarsi le cooperative agricole, col supporto di Casse Comunali di Credito Agrario, che sarebbero dovute nascere e svilupparsi in modo capillare in ogni centro dell'isola. L'apice del successo del cosiddetto sardo-fascismo (del quale non si deve dimenticare il sostanzioso aiuto da parte del governo, che stanziò per la Sardegna un miliardo di lire da spendere in opere pubbliche) fu il viaggio che lo stesso Pili intraprese nel marzo del 1926 negli Stati Uniti d'America. Lo scopo, raggiunto, fu quello di aprire un canale di mercato per i prodotti agricoli sardi, soprattutto quelli caseari. Pili strappò contratti estremamente vantaggiosi. Ma il ritorno in Sardegna fu amaro. La reazione degli industriali non si era fatta attendere e tutte le opere del Pili vennero stravolte con la complicità del Regime. La formula del sardo-fascismo crollò: Pili perse la leadership del Fascismo nell'isola, venne espulso dal PNF l'anno seguente e perseguitato durante tutto il resto del Ventennio.

Il 27 settembre 1925 si svolse a Macomer il V° Congresso del Partito che lo storico Girolamo Sotgiu definì "la manifestazione antifascista più importante che si sia svolta nel paese quell'anno". I 250 congressisti confermarono la vitalità del sardismo, ribadendo, al termine dell'assemblea, la ferma opposizione al Fascismo quale "antilibertario, accentratore e protezionista". All'assise sardista si presentò Ruggero Grieco quale latore di un messaggio di Antonio Gramsci, nel quale si invitava il Partito Sardo d'Azione a farsi promotore dell'unità tra contadini e operai. Grieco fu però fermato dal servizio d'ordine del Partito e non poté leggere la comunicazione. Il 20 ottobre dell'anno seguente Emilio Lussu reagì al tentativo di aggressione da parte di alcuni fascisti, penetrati nella sua abitazione di Cagliari, con l'uccisione di un giovane squadrista. Per questo fatto fu condannato all'esilio nell'isola di Lipari, dalla quale, attraverso un'azione rocambolesca compiuta insieme a Carlo Rosselli e Fausto Nitti, riuscirà a fuggire il 27 luglio 1927. In seguito alle leggi del Regime che limitavano le attività delle associazioni, il Partito, per evitare rappresaglie agli iscritti, il 23 dicembre del 1925, decise lo scioglimento delle sezioni (tenendo però attiva la Direzione) ed entrò in clandestinità (furono due i congressi celebrati in clandestinità). Alcuni dirigenti seguirono il percorso di Lussu, legandosi all'antifascismo europeo. Tra questi Francesco Fancello, Stefano Siglienti e Dino Giacobbe. Quest'ultimo parteciperà alla guerra civile spagnola, al comando di una batteria con le insegne dei quattro mori; nella stessa guerra troverà la morte il sardista Giuseppe Zuddas. Altri continueranno la propria orgogliosa militanza resistendo ai soprusi del Fascismo: Luigi Battista Puggioni, che ricoprirà la carica di Direttore del Partito durante gli anni del Regime, assisterà alla distruzione del proprio studio di avvocato, il giovane Giovanni Battista Melis (che sarà noto anche col nome di Titino) venne incarcerato nel 1928 a Milano e rispedito in Sardegna, Camillo Bellieni fu costretto a un'esistenza precaria in giro per l'Italia sotto la stretta sorveglianza della Polizia.

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