Le nostre ragioni per sostenere il NO al referendum sulla proposta di revisione costituzionale

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Cari amici,

faccio seguito al nostro ultimo Consiglio Nazionale dello scorso sabato 29 novembre per ringraziarvi della vostra partecipazione e per dire che è stato un incontro molto positivo.

Perché ognuno di noi ha manifestato il proprio pensiero sull'imminente referendum sulla proposta di revisione costituzionale, perché abbiamo riaperto il confronto e rimesso le idee al centro delle nostre iniziative, e perché abbiamo fatto emergere il solido fondamento ideale che ci accomuna.

Tutti gli interventi hanno chiaramente evidenziato il carattere centralistico del progetto governativo di Riforma costituzionale e pertanto le nostre ragioni per sostenere il NO al prossimo Referendum:

NO perché annulla la sia pure imperfetta autonomia della Sardegna e di tutte le regioni italiane introducendo la facoltà dello Stato di intervenire anche sulle materie non riservate alla propria esclusa competenza. Per effetto di questa “clausola” (art.117, comma 4), se passerà la riforma, la Sardegna sarà ancora più esposta a diventare sede di discariche, di scorie, di industrie inquinanti e di ogni altra sciagurata impresa che si giustifichi in nome dell’interesse nazionale.

NO perché la riforma tende a dare ancora più potere al Governo riducendo il Senato a un organo che dovrebbe rappresentare le istituzioni territoriali ma a cui si attribuiscono funzioni quasi esclusivamente consultive. Si noti che le funzioni legislative condivise dalle due Camere riguardano le revisioni costituzionali che lo stesso Governo dichiara di escludere per i prossimi 30 anni.

NO perché la riforma avrà l’effetto di impedire ogni resistenza all’attuale processo di globalizzazione dei mercati funzionale agli interessi dei grandi potentati economici e finanziari e in aperto contrasto sia con l’economia dei paesi meno industrializzati che con le ragioni originarie della stessa comunità europea. Un processo che significa invasione di prodotti adulterati e a basso costo, crisi delle nostre aziende, destabilizzazione del mercato del lavoro e progressiva vanificazione delle conquiste civili relative alla tutela dell’ambiente, della salute e del lavoro.

Proprio il Governo italiano, anche in sede europea, si è rivelato fautore di questo processo. Lo confermano le esplicite dichiarazioni del Capo del Governo italiano a favore del TTIP e la richiesta dei parlamentari PD al Parlamento Europeo di escludere tutte le regioni e i governi nazionali dall’approvazione degli accordi internazionali (richiesta seguita all’opposizione della Vallonia al CETA).

Con molta preoccupazione dobbiamo osservare che solo un partito politico che si dichiara di sinistra avrebbe potuto sostenere una politica così apertamente antidemocratica e così contraria agli interessi delle singole nazioni senza suscitare una rivolta generale.

 

Noi ci adopereremo affinché questo progetto di asservimento e omologazione al peggio non prevalga. Lo faremo cogliendo l’occasione per promuovere la convergenza di tutte le formazioni politiche a noi più prossime. E con la consapevolezza di quanto possa essere determinante ogni voce espressa con chiarezza e con coraggio.