Sa Die de sa Sardigna, data simbolica di orgoglio e speranza del Popolo Sardo

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Oggi 28 aprile si celebra Sa Die de sa Sardigna, una data simbolica che è diventata Festa nazionale del Popolo sardo a seguito della Legge Regionale n.44 del 14 settembre 1993, prescelta per ricordare la sommossa popolare del 28 aprile 1794 che costrinse alla fuga precipitosa dall’Isola il viceré Balbiano e tutti i Piemontesi presenti nell’Isola per il rifiuto opposto dal governo torinese a riservare ai Sardi una maggiore autonomia e parte degli impieghi civili e militari.

Il nostro Popolo, quel giorno memorabile, certo spinto da una forza determinata dall'esasperazione per le quotidiane vessazioni, per le ingiustizie e le discriminazioni subite, per il peso insostenibile delle tasse imposte da un governo sordo, insensibile e lontano, tornava libero con le armi in pugno, inseguendo per se e per i propri figli il miraggio di un futuro migliore.

Per i Sardisti, la Festa del 28 aprile deve essere quest’anno in particolare, un’occasione per riflettere ed imparare dalla storia, traendo ispirazione ed esempio dall'eroismo dei nostri padri, dalla loro determinazione, dal loro coraggio.

Si afferma che la storia si ripete.

Ma sopratutto in questi tempi di sacrifici eccezionali a cui tutti siamo sottoposti è ancor più agevole cogliere i segnali, evidenti e diffusi, della continua aggressione  alla nostra Autonomia statutaria da parte di un Governo italiano che ben rappresenta i nuovi piemontesi e che opera a mezzo di imposizioni schizofreniche e decreti vessatori, per giunta lesivi dei nostri interessi di Popolo e della nostra libertà individuale.

Tutto questo - è opportuno sottolinearlo -  con la connivenza di una ben nota parte politica irresponsabile e connivente, che qui da noi è fautrice del tanto peggio tanto meglio, e che pare si voglia occupare, soltanto, di giustificare le inadempienze del Governo Conte ed attaccare, nel contempo, quello regionale, nella convinzione di riuscire a mascherare - così facendo - la propria inconcludenza ed inadeguatezza, e di continuare perciò indisturbati a conservare e godere dei propri immeritati privilegi.

Ma proprio costoro, che ancora campano di autoreferenza ed alzano il livello del confronto per trasformarlo in cagnara e contrapposizione sterile, sono gli eredi legittimi ed i nuovi fautori di una Sardegna ancora occupata dalle servitù militari, inquinata ed impoverita dai lasciti delle avventure fallimentari dell’industria statale e parastatale, avvelenata nell’ambiente, nella salute e annichilita nell’integrità identitaria del suo Popolo.

Una Sardegna, insomma, colpita a morte nel proprio tessuto sociale ed economico e perfino corrotta nei costumi e nelle abitudini che per molti versi è peggiore di quella del 28 aprile 1794.

Ma se allora la miccia della rivolta fu accesa dalla borghesia sarda - che ebbe la capacitò di coagulare e interpretare il malcontento popolare, determinando in maniera significativa che la sofferenza e la frustrazione di un intero popolo non restassero compresse ed inerti ma si trasformassero in forza politica e rivoluzionaria - oggi noi Sardisti riponiamo la grande speranza che un’analoga miccia sia stata accesa nelle urne delle ultime consultazioni per il rinnovo del nostro Consiglio regionale, con la guida sardista del Governo della Regione; per noi tutti, questo, il vero banco di prova e l’incommensurabile opportunità e privilegio di poter far finalmente seguire i fatti alle parole, e provare ad alleviare in tal modo quel peso insopportabile che ancora grava sul Popolo Sardo, dimostrando al contempo la nostra onesta coerenza, e che il Partito Sardo d’Azione c’è ancora, e continua ad esserci ed a combattere per una Sardegna finalmente libera, indipendente e felice.

Forza paris!