Il mio cuore e la mia politica restano qui: in Sardegna, tra la mia gente. Grazie di cuore a tutti!

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 Il 28 aprile 2018, Die de Sa Sardinia, nella concomitanza con i 70 anni dello Statuto Speciale, i 97 anni del P.S.d'Az e l'adozione quale inno della Regione Sarda del carme di Francesco Ignazio Mannu "Su patriottu sardu a sos feudatarios", lascio il Consiglio Regionale della Sardegna mentre ricorrono, fatalmente, i simboli più autentici della nostra identità di Popolo, i valori fondanti e riconosciuti di una comunità antica, il vissuto di una Nazione in cammino verso quella che Giovanni Lilliu definì felicemente la "frontiera-paradiso". Da oggi, il mio impegno nelle istituzioni è a Roma, nel Senato, dove i Sardi mi hanno eletto con un consenso lusinghiero ed impegnativo per tutelare interessi e diritti della nostra amata Isola. Ma il mio cuore e la mia politica restano qui: in Sardegna, tra la mia gente. Grazie di cuore a tutti! Fortza Paris!

Sen. Christian Solinas

Segretario Nazionale del Partidu Sardu – Partito Sardo d’Azione

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Di sotto l’intervento integrale del Segretario Nazionale PSd’Az Sen. Christian Solinas pronunciato nell'Aula del Consiglio Regionale della Sardegna per annunciare le dimissioni dalla carica di Consigliere Regionale, durante la seduta del 28 aprile 2018 dedicata alle celebrazioni de Sa Die de Sa Sardinia

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Onorevole Presidente,

Signore e Signori della Giunta Regionale,

Colleghe e Colleghi,

oggi, in quest’Aula, erede della plurisecolare tradizione parlamentare ed autonomistica della nostra Isola ricorrono fatalmente i simboli più autentici della nostra identità di Popolo, i valori fondanti e riconosciuti di una comunità antica, il vissuto di una nazione in cammino verso quella che l’indimenticato prof. Giovanni Lilliu definì felicemente la “frontiera-paradiso”.

Simboli, Valori e vissuto che hanno trovato un riconoscimento legislativo in questi anni grazie all’impegno, alla passione, alla generosità del Partito Sardo d’Azione, che per primo – oramai quasi un secolo fa, con i reduci combattenti della prima grande guerra ed un anelito popolare che tradusse quella drammatica esperienza nel più bel progetto politico che i Sardi abbiano avuto la ventura di esprimere – li iscrisse nel proprio statuto: l’autonomia, la lingua, i quattromori, la nostra bandiera comune, Su Patriottu Sardu a sos feudatarios ( Procurade ‘e moderare ) come Inno.

L’approvazione di questo disegno di legge, che adotta anche per la Regione Sardegna il lungo e complesso carme del giudice ozierese Francesco Ignazio Mannu, rappresenta indubbiamente la conclusione di un percorso politico che da sardi e soprattutto da sardisti ci appartiene.

Mi riferisco, in particolare, a quanti sono arrivati nelle istituzioni e alla politica, dopo l’esaltante stagione del “vento sardista”. Quella che, per intenderci, aveva spinto i Quattro Mori fino alla guida della Regione e ad essere rappresentati alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, in tutte le amministrazioni provinciali e nelle centinaia di Comuni che innervano l’Isola.

Non spetta a me il compito di giudicare l’operato dei sardisti arrivati dopo gli anni del consenso, delle vittorie elettorali e di Mario Melis, ma a me corre l’obbligo e l’onore di ricordare però che la ricorrenza di “Sa Die de Sa Sardinia”, che oggi celebriamo in quest’Aula; la bandiera dei Quattro Mori che oggi esponiamo come vessillo ufficiale della Regione e l’inno del Mannu che oggi possiamo intonare come il canto di un Popolo orgoglioso e fiero, sono i risultati politici ascrivibili all’azione ed alle iniziative generosamente offerte alla Sardegna e alle sue istituzioni, da quella generazione di sardisti che a partire dai primi anni ’90 ha raccolto l’ “oneroso” testimone e l’eredità politica di Giovanni Battista e Mario Melis, di Michele Columbu e Carlo Sanna.

Onorevole Presidente,

Signore e Signori della Giunta Regionale,

Colleghe e Colleghi,

Si compie così, come detto, il percorso politico del Terzo Sardismo ed ho ritenuto corretto che in questa sede, in questo caleidoscopio di simboli e suggestioni che adornano l’odierna ricorrenza, anche io ponessi termine alla mia esperienza di Consigliere Regionale dopo quasi 10 anni di impegno che ho cercato sempre di adempiere, pur nell’umile consapevolezza dei miei tanti limiti, con disciplina e onore da questi banchi e da quelli della Giunta Regionale.

Consegnerò formalmente, a margine dell’approvazione di questa legge, l’opzione per il seggio senatoriale al quale i Sardi col loro voto del 4 marzo scorso mi hanno eletto con un suffragio lusinghiero ed impegnativo, che ha premiato un’alleanza sul solco del federalismo e dei maggiori spazi di autogoverno delle realtà territoriali.

Avverto per intero l’onore e l’onere di aver riportato, dopo 22 anni di assenza, il PSd’Az in Parlamento, per dare voce e rappresentanza agli interessi vitali della Sardegna ed alle ragioni dei Sardi così da fare di questa nostra amata terra un’Isola più felice e più giusta, che restituisca a ciascuno l’orgoglio del proprio lavoro e la gioia del benessere che su di esso si fonda.

Una terra che sappia offrire ai propri figli le opportunità per rimanervi ed ai tanti emigrati la scelta di potervi ritornare; che riconosca la funzione sociale, culturale e politica dei Circoli Sardi nel mondo, che rappresentano il legame indissolubile e la continuità generazionale della coscienza collettiva del nostro Popolo.

Per una stagione che si chiude, per me e per il Partito Sardo d’Azione, si apre oggi la prospettiva nuova del Quarto Sardismo, che punta senza infingimenti a riprendere il ruolo di guida culturale e politica di un più ampio progetto di autogoverno della Sardegna, da costruire con quanti vorranno condividere con noi le istanze di libertà, di riscatto e di felicità del nostro Popolo.

Da oggi, il mio impegno nelle istituzioni è a Roma ma il mio cuore e la mia politica restano qui: in Sardegna, tra la mia gente.

Restiamo sardi e soprattutto sardisti. A Cagliari come a Roma o a Bruxelles.

In Senato, come in Consiglio regionale diciamo prima i sardi e prima la Sardegna, così come sta facendo, oggi, quest’assemblea scegliendo “Procurade ‘e moderare” come inno della Regione e rendendo così storica la seduta celebrativa di Sa Die, nel Settantesimo anniversario dell’Autonomia speciale.

Noi Sardisti c’eravamo allora, nella Consulta, nella Commissione Speciale e nell’Assemblea Costituente che approvò definitivamente lo Statuto Speciale; ci siamo oggi, in questo Consiglio Regionale, dopo 70 anni e contiamo di esserci anche quando la fase autonomistica, esaurendo la propria funzione storica, cederà il passo ad una stagione finalmente di maturità collettiva che porterà a compimento la nazione sarda in una dimensione statuale perfetta.

Nuove trincee e nuovi feudatari popolano la vicenda contemporanea, vecchie e nuove diseguaglianze hanno da essere rimosse; sofferenze, solitudini e disagi sempre più profondi si affastellano tra la gente e per intere comunità che oggi più che mai chiedono alle istituzioni e alla politica risposte concrete ed immediate.

La Continuità territoriale, il diritto alla mobilità e, dunque, alla libertà, la zona franca, il sistema delle entrate, maggiori e più concreti ed effettivi poteri di autogoverno restano i grandi temi ineludibili.

Per dirla con le parole di Mario Melis, che a distanza di oltre 30 anni sono di una sconcertante attualità, “Oggi il concetto di democrazia passa attraverso il diritto al lavoro, altrimenti la parola democrazia risulta sufficientemente enfatica ma priva di reali contenuti; passa, sul piano regionale, non tanto attraverso la lettera, ma certamente attraverso i principi dell’articolo 13 dello Statuto, ed anzitutto quello della solidarietà reale della comunità nazionale nei confronti della comunità regionale, per superare lo squilibrio, grave e storico, che separa la nostra comunità dalla complessiva realtà del paese. […] Tra le rinnovate domande dell’autonomia vi è quella dell’identità culturale, come processo di riappropriazione dell’identità etnica di ogni popolo che vuole restare sé stesso, che non accetta né prevaricazione né estinzione, ma fa riemergere prorompente la propria soggettività culturale, etnica e quindi politica, perché il dialogo sia reale: non vi è dialogo, infatti, fra chi non esiste e chi invece, prevaricando gli altri, li estingue. Il dialogo è possibile solo fra pari dignità, fra pari titolarità e soggettività politiche. Ecco il nuovo concetto di democrazia: l’autonomia passa attraverso questi valori. Certo l’economia, lo sviluppo, sono processi importanti, ma al fondo sono i valori quelli che contano: il diritto al lavoro, la solidarietà, la collettività nazionale, la soggettività politica dei gruppi che compongono la comunità statuale. La Regione deve finalmente riuscire ad esprimere capacità reali nel concorrere alle grandi scelte della programmazione, nazionale ma anche europea. Questo è il ruolo della regione. …[…]… Altrimenti si è sudditi e non cittadini, destinatari di decisioni pensate all’esterno ed attuate poi nella periferia. Nessuno accetta più di essere periferia e suddito di decisioni centralistiche prese al vertice da poteri lontani e indifferenti, incapaci di cogliere i fermenti nuovi che rivitalizzano le società”.

Ed in queste parole sta l’essenza del nostro sardismo e l’attualità delle 47 ottave del Mannu, modellate sulla struttura dei gosos:

Custa, pobulos, est s'hora d'estirpare sos abusos!

A terra sos malos usos,

A terra su dispotismu;

Gherra, gherra a s'egoismu,

Et gherra a sos oppressores;

Custos tirannos minores Est prezisu humiliare.

Cando si tenet su bentu Est prezisu bentulare.

Il "sardismo" non è in declino, - affermava il Prof. Lilliu su Le Monde nel 1973 - dal momento che si riparla di "nuova autonomia".

E difficile comprendere il "sardismo" per chi non è sardo o non conosce profondamente la storia e la mentalità della Sardegna. Esso è tante cose in una volta: razionalità, istinto, esperienza storica, pulsione d'affetti nati dall' "essere sardo" concepito come un fatto speciale e differente.

Il "sardismo" è soprattutto il gusto d'essere se stessi, come il  Sinn Feinn degli Irlandesi”.

Onorevole Presidente,

Signore e Signori della Giunta Regionale,

Colleghe e Colleghi,

abbiamo una terra. Un popolo. Una Bandiera. Una celebrazione nazionale. Un inno.

Ma perché si completi questo percorso di valori, di tradizione, identità e sardità, dobbiamo poter dire anche sul piano legislativo: una lingua.

Questo Consiglio deve riconoscere e ribadire che la lingua sarda è l’espressione della coscienza nazionale del popolo sardo.

L’appello che rivolgo alle forze politiche di maggioranza e opposizione, ai colleghi e alle colleghe del Consiglio, è nel senso di non prestare il fianco ai fraintendimenti, alle strumentalizzazioni e alle divisioni: serve oggi più di ieri riaffermare convintamente insieme le ragioni dell’unità e non alimentare gli elementi divisivi e di contrasto. La legge regionale n. 26 del 1997 sulla Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna, anch’essa d’iniziativa sardista, rappresenta ancora oggi un’avanguardia normativa fondamentale. Non avrebbe senso archiviarne la portata sull’altare di un nuovo testo che, al momento, non ha raccolto le necessarie ampie condivisioni e rischia di creare nuove fratture su un argomento che necessita, invece, del massimo di unità possibile.

Oggi, la sfida prioritaria sulla quale concentrare le energie è la ratifica della Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie.

Consentitemi, infine, mentre mi accingo ad accomiatarmi da quest’Aula, di esprimere i sensi della mia personale stima e gratitudine a quanti in questi lunghi anni ed a diverso titolo con la loro professionalità e competenza mi hanno consentito di svolgere al meglio il mio ruolo istituzionale. Giungano il mio più cordiale saluto ed i migliori auguri di prosieguo di un proficuo lavoro:

-          A lei, Signor Presidente del Consiglio;

-          Al Segretario Generale, ai referendari consiliari, ai funzionari, al personale amministrativo, tecnico ed esecutivo, dai resocontisti agli assistenti ed ai commessi, ai giornalisti dell'ufficio stampa, al personale della sicurezza e vigilanza, ed a quanti prestano comunque servizio in questo Palazzo,

-          Al Presidente della Regione ed alla Giunta;

-          A tutte le colleghe ed i colleghi Consiglieri senza distinzione di schieramento;

-          Agli amici del gruppo sardista

-          Ai giornalisti, corrispondenti ed operatori della sala stampa, che hanno sempre garantito una corretta informazione sulle vicende politiche del Consiglio e che hanno voluto riservarmi un’attenzione che spero di aver meritato sul campo.

Ma mi sia consentito, in conclusione, di rivolgere un ringraziamento particolarmente sentito e sincero a tutti i militanti sardisti ed a tutto il Partito che mi onoro di rappresentare in qualità di Segretario Nazionale, per avermi consentito 10 anni fa di arrivare qui, nella massima assemblea rappresentativa sarda, ed oggi di emozionarmi ancora in questo saluto che sancisce il ritorno storico del PSd’Az nel Parlamento e l’apertura di una stagione nuova della secolare storia del Sardismo, che ha intrecciato indissolubilmente le proprie sorti a quelle della Sardegna e del Popolo Sardo.

Fortza Paris!

Sen. Christian Solinas

Segretario Nazionale del Partidu Sardu – Partito Sardo d’Azione