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Domenica 17 aprile: un SI per dire NO alle trivelle

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Domenica 17 aprile i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sul referendum abrogativo sulle trivelle offshore. 

Emerge innanzitutto la scellerata scelta del governo Renzi di anticipare la consultazione ad aprile anziché accorparla alle elezioni amministrative di giugno, sprecando centinaia di milioni di euro di risorse pubbliche, mossa che offende il buon senso dei cittadini nella speranza che non si raggiunga il quorum. 

Dopo che la Corte costituzionale si è espressa negativamente sul conflitto di attribuzione relativo ad altri due quesiti referendari (i due quesiti riguardavano il piano delle aree, ossia lo strumento di pianificazione delle trivellazioni che prevede il coinvolgimento delle regioni, abolito dal governo con un emendamento alla legge di stabilità, e la durata dei titoli per la ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma, questioni molto importanti per noi sardi), l’unico referendum sul quale saremo chiamati ad esprimerci è il seguente:

Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?

Il quesito riguarda solo la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa, e non riguarda le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare che si trovano a una distanza superiore alle 12 miglia dalla costa (22,2 chilometri).

In caso di vittoria del “sì”, sarà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente, dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente.

La vittoria del sì bloccherà tutte le concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana, quando scadranno i contratti.

Ma cosa succede in caso di vittoria del “no” o del mancato raggiungimento del quorum?

Le risorse potenziali totali presenti nei mari italiani si presumono essere 700 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di idrocarburi, anche se le riserve “certe” ammontano a 126 Mtep.

Per Legambiente, tali riserve coprirebbero soltanto 8 settimane di fabbisogno nazionale, un’inezia rispetto ai rischi e ai costi che comporterebbe estrarlo».

Un sì per dire no all’ennesimo sfruttamento del territorio non fondato su strategie di lungo periodo, per dire no ad un governo che fa solo gli interessi delle lobby, un sì per rafforzare la mobilitazione contro la corsa al petrolio all’italiana, scelta assurda dinanzi a un tracollo del prezzo del petrolio come quello attuale, e che in futuro potrebbe legittimare uno sfruttamento incontrollato dei nostri mari.

Noi sardi abbiamo sempre pagato caro queste strategie di impiego del territorio, basate su ragionamenti fatti con la pancia e non con il cervello… non abbiamo ancora scramentau?

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