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No a scorie nucleari in Sardegna: la tutela ambientale è parte fondante del nostro progetto di Indipendenza!

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Libertà significa che i sardi devono essere prima di tutto padroni della propria Terra, arbitri dei propri destini. Se noi dunque non promuoviamo lo spirito di ribellione, diventiamo complici di costoro, allo stesso modo traditori del popolo sardo e profittatori indegni”.

Questo pensiero di Antonio Simon Mossa che ci ricorda il significato della Libertà, è reso oggi ancora più attuale dall'incresciosa eventualità che proprio la Sardegna sia designata fra i siti idonei allo stoccaggio, e dunque quale meta prediletta per il “deposito unico” delle scorie nucleari.

La decisione nel merito, di cui dovrà farsi carico, “esclusivamente” ed in deliberata solitudine, il Governo italiano, è oramai imminente e, salvo sorprese e rinvii dell’ultima ora, chiarirà finalmente in via ufficiale i luoghi destinati a diventare discarica di scorie radioattive prodotte dalla breve stagione nucleare italiana conclusasi nel 1987.

Peraltro, il dibattito sul punto, ha recentemente ridestato l’attenzione dell’opinione pubblica, che ha visto progressivamente trasformare quella che veniva raccontata essere una mera “probabilità” che riguardava  infaustamente la Sardegna, in una “possibilità” che purtroppo è oggi reale e spaventosa.

Nel marzo 2014, infatti, era stato approvato il decreto legislativo n. 45 in attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM che istituiva un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito, e dei rifiuti radioattivi.

Si trattava, specificatamente, dello smantellamento delle centrali nucleari, degli impianti di produzione del combustibile nucleare, nonché della chiusura del ciclo del combustibile stesso.

Sei mesi dopo, e precisamente il 12 settembre 2014, era stata approvata la Legge 164/2014 di conversione del D.L. 133/2014 recante “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”- il cosiddetto “decreto sblocca Italia”, attraverso la quale il Consiglio dei Ministri accentrava su Roma la competenza esclusiva per quanto riguarda i controlli e le autorizzazioni relative all’ambiente.

Dati questi antefatti, diventa ragionevole e perfino ovvio prevedere come il Governo italiano potrebbe decidere, unilateralmente e perfino “insindacabilmente”, di non tener conto dei pareri della Giunta e del Consiglio Regionale della Sardegna in materia di localizzazione dei depositi delle scorie nucleari.

E questo è un problema la cui soluzione è improcrastinabile poiché l'Unione impone una decisione entro agosto 2015 e l’Italia, già in ritardo con gli obblighi europei, rischia l’ennesima apertura di una procedura d'infrazione a suo carico.

La Sardegna, dunque, incorrerebbe nel grave rischio di vedere il proprio territorio trasformato - senza colpo ferire e sulla spinta dell’emergenza - in una sorta di discarica radioattiva, chiaramente e sorprendentemente in barba al referendum consultivo del 15 e 16 maggio 2011 che vide il 97,64% dei sardi esprimersi in maniera unanimemente contraria, per le ripercussioni notevoli che l’Isola avrebbe potuto patire sotto il profilo dell’impatto economico - ambientale e della salute.

Vi sono però alcuni aspetti della vicenda che potrebbero aiutare a far si che questo disastro annunciato possa esser fermato.

Come noto, l’ISPRA ha redatto la Guida Tecnica n.29 emessa ai sensi dell’Art.153 del Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 230 che definisce le procedure di attuazione tecnico-operative in materia di sicurezza nucleare e radioprotezione, dettando i criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività.

Ma proprio la stessa Guida, è invece da considerarsi il mezzo argomentativo idoneo per opporsi fermamente a questo scempio senza precedenti, che vorrebbe smaltiti 55.000 metri cubi di rifiuti radioattivi, nonché rifiuti provenienti dal ciclo sanitario, da laboratori di ricerca e da alcuni settori industriali, per un totale stimato di 90.000 metri cubi di spazzatura radioattiva.

Infatti, pur essendo assolutamente indiscusso che si possa riscontrare una legittimità tecnico - operativa compatibile con i 15 criteri dettati dalla Guida dell’ISPRA, ed è pacifico affermare che la Sardegna goda di stabilità sismica, lo stesso non si può asserire in ordine alla stabilità geologica e idraulica.

Più precisamente, le alluvioni e gli eventi meteorologici estremi che hanno coinvolto la Sardegna negli ultimi secoli, da Pirri a Capoterra, da Gairo vecchio al ponte della Scaffa, fino ad arrivare a quelle recenti che hanno interessato la zona di Olbia, Nuoro e Ogliastra, pongono un alert significativoper replicare con forza e cognizione di causa a questa prospettiva di inaudita gravità che incombe come una spada di Damocle sulle nostre teste..

Una ragione che andrebbe, in ogni caso, ad aggiungersi a mille altre, non ultimo il fatto che la Sardegna ha già dato abbastanza, sacrificando importanti porzioni di territorio alle servitù militari che hanno anch'esse inquinato abbondantemente acque e suolo.

Ma questa vecchia consapevolezza dovrà necessariamente andare a legarsi ad una nuova presa di coscienza, e cioè al fatto che la tutela e la salvaguardia dell’ambiente e dunque la stessa "ribellione" ai depositi di scorie nucleari nella nostra Terra, siano parte fondante del nostro progetto di Indipendenza della Sardegna.

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