I sardisti hanno la cultura del paesaggio ma rifiutano le scelte ideologiche dei divieti ad oltranza

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“In un tempo di profonda crisi dei comparti produttivi, la politica non può permettersi il lusso di gingillarsi in scelte ideologiche da salotto benpensante, completamente avulse dalla realtà e che dimenticano il conclamato fallimento dell’urbanistica progressista.

Noi sardisti abbiamo ben in mente quanto la pretesa di governare il territorio senza un’idea complessiva di sviluppo ma con soli divieti e formule numeriche, quali sono gli indici edificatori, abbia generato città invivibili, speculazioni ed usi collettivi inadeguati ed insufficienti.

Riproporre quella stagione culturale  in nome dei pur nobili principi alla quale era ispirata, senza nessuna valutazione degli effetti che ha prodotto, non fa altro che rafforzare il partito già molto forte di coloro che pensano che l’urbanistica non serva a nulla”.

Questa la presa di posizione del capogruppo Psd’az Christian Solinas a margine delle polemiche che stanno montando tra maggioranza e opposizione sulla mancata proroga del piano casa e sulle modifiche apportate in Commissione al testo della Giunta in materia di Edilizia.

“Il Psd’az ha scritto nel tempo la storia del rispetto degli ambiti costieri e ci siamo da sempre battuti perché il valore paesaggistico ed ambientale della nostra Isola fosse percepito come un bene infungibile da trasmettere ai nostri figli – prosegue Solinas – ma la verità è che in questi anni il piano casa, che pure necessita di alcuni correttivi, non ha rappresentato uno strumento di speculazione selvaggia ma l’unico incentivo efficace per tenere in vita il settore edilizio ed il suo indotto mediante interventi che hanno limitato il consumo di nuovo territorio, densificando e recuperando i tessuti urbani esistenti”.

Da qui la conclusione del capogruppo sardista: ”Io credo che ogni ipotesi di ripresa economica non possa prescindere dalla costruzione di un’idea di città a misura di questo tempo, che sappia valorizzare quello che si ha e quello che si è, senza inseguire astratti modelli di sviluppo, ma solo assumendo ad unità di misura la normalità del fatto che è l’uomo il protagonista della natura e dell’ambiente ed il paesaggio moderno non è che l’esito delle trasformazioni che l’uomo vi ha prodotto”.