1. Skip to Menu
  2. Skip to Content
  3. Skip to Footer

Quanto costa davvero alla Sardegna il nuovo accordo fra Pigliaru e Renzi?

Condividi

Soldi che son della Sardegna (ma che non potevano esser spesi) potranno ora esser impegnati con il solo vincolo dell'ovvio pareggio di bilancio.

“Ti permetto di spendere i tuoi soldi, purché rinunci a rivendicare quelli che ti rubo”!

Ecco in poche parole in cosa consiste il tanto sbandierato accordo tra Pigliaru e lo Stato italiano.

Tralascio l'elencazione delle cifre previste per ogni singolo anno, irrilevanti ai fini di un giudizio obiettivo sull’intesa, perché trattasi semplicemente di denari che erano già di competenza della RAS, e dunque nessuno ce li ha regalati e ce li regalerà.

Voglio però soffermarmi sulla contropartita richiesta e ottenuta dallo Stato, il quale non fa mai nulla per nulla negli accordi con la Sardegna.

A ogni concessione segue sempre una richiesta spropositata in cambio.

E' successo nel 2006 quando a fronte del riconoscimento dei diritti dei sardi nella cosiddetta "vertenza entrate" l'Italia pretese che la RAS si accollasse al cento per cento gli enormi oneri di sanità, trasporti pubblici locali e della continuità territoriale, stabilendo dunque una spesa certa in più per i sardi, a fronte di un'entrata finalmente riconosciuta, ma solamente formalmente e a oggi non manifestatasi nelle cifre dell’accordo.

Vediamo allora quali sono le rinunce che la Sardegna dovrà subire per spendere da domani soldi che sono già suoi.

La Sardegna dovrà ritirare i ricorsi pendenti del 2011, 2012 e 2013 alla Corte Costituzionale e dovrà rinunciare a qualsiasi pretesa sui cosiddetti accantonamenti.

Partiamo da questi ultimi. Che cosa sono? Trattasi semplicemente di "ritenute alla fonte" che lo Stato esegue sui fondi a disposizione delle regioni, ad esempio a titolo di compartecipazione alle entrate, con la giustificazione che tutti devono contribuire alla riduzione del deficit pubblico nazionale.

Tale accantonamento è quantificabile per l'anno in corso in circa 670 milioni di euro per la Sardegna, secondo l’Assessore regionale alla programmazione Raffaele Paci.

Quest'anno la cifra spendibile in virtù dell'accordo di Pigliaru è di 364 milioni di euro.

Soldi già nostri, ma che non potevamo spendere.

Quindi non otteniamo nulla di più di ciò che abbiamo, solamente di poterlo spendere per 364 milioni in più, e in cambio rinunciamo a chiedere indietro 670 milioni di denari nostri trattenuti dallo Stato!

Facendo un banale conto matematico ci abbiamo perso o guadagnato?

Voglio aggiungere che non siamo neanche del tutto liberi di spenderli come vogliamo questi importi, dato che 44 milioni su 364 sono fondi vincolati dall'accordo di servizio con Trenitalia.

Voglio aggiungere altresì che tale accantonamento è fatto su cifre mai ottenute veramente, poiché la modifica statutaria dell'Art. 8 del 2006 è rimasta finora sulla carta.

Vale a dire che lo Stato non si trattiene solo l'accantonamento (come diritto) ma l'intera compartecipazione (come debito a lunghissimo termine).

Aggiungo infine il fatto che ancora nulla si sa sui quasi 80 milioni di euro che spetterebbero alla Sardegna per la compartecipazione all’Ires e per la quota parte dei proventi dei Gratta&Vinci e degli altri giochi di Stato, per i quali molto furbamente il ministro italiano Padoan ha rinviato a successiva contrattazione.

Vediamo ora di valutare qualcuno dei ricorsi di cui si chiede il ritiro e addirittura la rinuncia alle restituzioni delle somme in ballo nel caso di giudizi favorevoli alla Sardegna.

Il ricorso del 2012 contro la legge “salva-Italia” è molto composito ed eterogeneo. Parla di ingerenze in materia di commercio e fiscalità locale.

In particolare tende ad evidenziare il danno subito dalla RAS con la norma dell'alternatività tra Irpef e Imu per i redditi fondiari.

Una parte di Irpef, l'addizionale regionale, va alla Sardegna in automatico, dell'Imu invece nulla ci viene accordato.

Anzi, per prassi, (e non per norma) i proventi statali derivanti dall'Imu non vengono computati nel novero su cui si dovrebbero calcolare i sette decimi spettanti alla RAS, nonostante esso sia espressamente previsto dal famoso Art. 8 dello Statuto!

Pigliaru, prima di firmare, ha quantificato la perdita di addizionale in questa fattispecie e dunque a quanto sta rinunciando la Sardegna nel ritirare il ricorso in questione?

Il ricorso dell’otto marzo 2013 riguarda tra le altre cose l'accordo del 2006 che prevedeva l'intera copertura delle spese sanitarie da parte della Ras.

Ebbene, lo stato nella sua spending review stabilisce per tutte le regioni una contrazione delle spese della sanità mediante appunto accantonamenti sui fondi in trasferimento dallo Stato alle Regioni.

Decisione legittima per le regioni ordinarie che vedono la compartecipazione statale alle spese. Non per la Sardegna, che dal 2006 copre per intero le spese del comparto sanitario!

Perché dunque togliere alla RAS una quota di gettito statale se tale denaro non è previsto per la Sardegna? Sulla base dell’accordo Pigliaru-Padoan, la nostra isola dovrebbe dunque rinunciare a difendersi da tale ladrocinio?

E soprattutto,  prima di esultare per l’accordo raggiunto fra Pigliaru ed il Governo, siamo certi che sia stato ben valutato a quanto ammonti concretamente questa sorta di tangente da pagare all’Italia, come contraltare all'accordo in questione?

Condividi

Chirca in psdaz.net