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La natura e qualificazione giuridica dei partiti politici e delle sezioni

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Il Partito Sardo d’Azione nasce, come noto, con una struttura organizzativa che poggiava sulla diffusione capillare nel territorio.

Questo ne faceva un partito forte e soprattutto non avulso dalla realtà.

Quando si parla di organizzazione di partito, fatalmente si arriva a parlare anche delle sezioni per definire l’unità fondamentale dell’organizzazione politica di base.

Oggi però, lo si fa spesso a sproposito e senza tener conto neppure delle mimimali basi giuridiche e regolamentari che ne disciplinano l’azione e la vita politica.

In questa breve nota cercherò perciò di rendere più chiari e meglio conosciuti alcuni concetti e rudimenti indispensabili e certamente utili al fine di una competente trattazione della materia con l’auspicio che possa essere di qualche utilità a noi tutti.

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Nell’ordinamento giuridico italiano non esistono regolamenti, codici o leggi che disciplinino in maniera chiara e precisa gli stessi partiti politici, in modo da inquadrarli tra le persone giuridiche nel nostro codice civile.

Se ci chiedessimo allora: dove dovremmo posizionare i partiti politici all’interno del nostro ordinamento, potremo trovare una risposta soltanto nella giurisprudenza e nei casi pratici nella cui analisi spesso ricorre in maniera chiara e precisa questa dicitura: «I partiti politici sono regolati dalle norme sulle associazioni non riconosciute».

Da ciò la conclusione che la qualificazione giuridica del partito politico quale associazione non riconosciuta soggetta agli artt. 36 ss. c.c. ha una lunga e indiscussa tradizione mentre, per gli aspetti non regolati dalla sommaria normativa codicistica, la disciplina di detti enti viene invece ritrovata nelle norme inerenti alle associazioni riconosciute e in quelle sulle società, in quanto queste compatibili.

L'estensione analogica alle associazioni non riconosciute delle norme destinate ad enti di diverso tipo non deve, però, essere indiscriminata, ma limitata a singole fattispecie in sede di integrazione di lacune statutarie, o di tutela di interessi meritevoli.

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Le associazioni non riconosciute: natura giuridica, formazione e organizzazione interna.

L’associazione non riconosciuta, come d’altronde l’associazione riconosciuta, è un organizzazione stabile di persone riunite con un fine non lucrativo, l’unica variante e che la prima non viene riconosciuta dall’ordinamento statale.

Questa, attua quell’espressione della profonda esigenza della vita sociale che consta nel riunirsi con il fine di arrivare a raggiungere interessi e valori comuni e, dunque, queste associazioni sono fondate con lo scopo o di affermare particolari ideali politici (questo il caso dei partiti politici) ovvero di essere strumento per la tutela dei diritti dei lavoratori (i sindacati).

Proprio per questo ruolo fondamentale di strumento sociale, le associazioni, vengono garantite dalla Carta Costituzionale, la quale consacra il principio del pluralismo: ammettendo, quindi, la convivenza di raggruppamenti, anche di vedute e visioni opposte, di carattere politico, religioso, sportivo, ecc..

Le associazioni non riconosciute vengono configurate dall’orientamento giurisprudenziale e dalla dottrina già consolidata come enti collettivi che integrano un centro autonomo di imputazione di interessi e situazioni giuridiche soggettive e, dunque, come soggetti di diritto.

Nello specifico, viene affermato che queste associazioni non riconosciute possiedono soggettività giuridica e sono, dunque, dei soggetti di diritto, pur non avendo una personalità giuridica, la quale viene conferita solo tramite il riconoscimento.

Il concetto di soggettività distinto dalla personalità giuridica, riguarda la responsabilità degli operatori: infatti, mentre nelle persone giuridiche (aventi soggettività e personalità) la responsabilità resta limitata al patrimonio dell’ente, nelle associazioni non riconosciute (che, invece, hanno soggettività e non personalità) la responsabilità viene estesa anche alle persone che hanno agito in nome e per conto dell’ associazione[1].

Questa tesi viene appoggiata anche dalla giurisprudenza dominante che estrae la soggettività delle associazioni non riconosciute dalla disciplina positiva e, in particolare dagli articoli: 36, comma 2 cod. civ., che attribuisce a queste la capacità processuale, ossia la capacità di stare in giudizio in persona di colui a cui sia stata conferita la presidenza o la direzione dell’associazione non riconosciuta, in relazione alle previsioni dell’atto costitutivo e dello statuto, 37 cod. civ. il quale disciplina il fondo comune come patrimonio autonomo e distinto rispetto a quello dei singoli soci e con un preciso vincolo di destinazione e 38 cod. civ. il quale estende la responsabilità alle persone che hanno agito in nome e per conto dell’ associazione n. r. affermando, dunque, la capacità negoziale delle associazioni stesse, alle quali, infatti, è consentito di assumere obbligazioni.

Ulteriore e decisivo indice nel senso della piena configurabilità delle associazioni non riconosciute come soggetti di diritto è quello offerto dall’ art 2659, 1° comma n. 1, nel testo novellato dall’art. 1, legge 27 febbraio 1985, n. 52.

Infatti, secondo tale disposizione, viene richiesto che nella nota di trascrizione vengano indicati «la denominazione o la ragione sociale, la sede ed il numero di codice fiscale (…) delle associazioni non riconosciute, con l’ indicazione, per queste ultime e per le società semplici, anche delle generalità delle persone che la rappresentano secondo l’ atto costitutivo».

Questa disposizione risolve, inoltre, in modo chiaro e in senso affermativo, il problema della capacità dell’associazione non riconosciuta di porre in essere acquisti di diritti reali immobiliari.

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Le fonti regolatrici:

La specifica disciplina riservata dal legislatore alle associazioni non riconosciute viene individuata in tre articoli del codice civile e due articoli del codice di procedura civile:

·       art. 36 cod. civ.: disciplina inerente all’ordinamento e all’amministrazione dell’associazione n. r.;

·       art. 37 cod. civ.: disciplina inerente al fondo comune;

·       art. 38 cod. civ.: norma relativa alle obbligazioni;

·       art. 75, comma 4 c.p.c.: materia pertinente alla capacità processuale;

·       art. 78 c.p.c.: disciplina attinente alla nomina nel processo di un curatore speciale qualora manchi la persona cui spetta la rappresentanza.

L’accordo degli associati: Statuto e atto costitutivo.

L’ordinamento interno e l’amministrazione dell’associazione non riconosciuta, nonché la disciplina dei rapporti tra associati e associazione sono interamente rimessi agli “ accordi degli associati” secondo l’art. 36, comma 1, cod. civ..

Questa norma intende riferirsi non soltanto al contratto dal quale prende vita l’ associazione (atto costitutivo) ma, altresì, allo statuto che è atto unilaterale proveniente dall'ente già costituito, tuttavia, nella pratica, i due atti sono contestuali benché logicamente successivi.[2]

Inoltre, bisogna tener presente che nell’ordinamento costituzionale, che annovera tra i principi basilari quello del riconoscimento e della garanzia dei «diritti inviolabili dell’uomo (…) nelle formazioni sociali» enunciati nell’art. 2 Cost., non è oggi più possibile affermare l’assoluta discrezionalità degli accordi associativi nel disciplinare i rapporti interni all’associazione e l’ordinamento.

Gli accordi tra associati assumono particolare rilievo per ciò che interessa: le modalità di nomina degli organi sociali, la distribuzione delle relative competenze, le maggioranze richieste per la validità delle delibere, i diritti individuali degli associati ed il loro esercizio, in particolare, per determinare le condizioni ed i requisiti dell’acquisto o della conservazione della qualità di associato, le modalità da osservare nell’esercizio dei diritti ecc..

Nel caso in cui una determinata materia non sia disciplinata nell’atto costitutivo o nello statuto, dovranno ritenersi applicabili anche all'associazione non riconosciuta tutti quei principi dal codice dettati in tema di associazione riconosciuta che non presuppongano l’avvenuto riconoscimento.[3]

Qualificazione giuridica delle sezioni di partito.

Per analizzare a pieno i partiti politici non possiamo trascurare quelle che sono le diramazioni di questo che in concreto svolgono la militanza e la promozione elettorale, ossia le sezioni, vero fulcro della vita sociale dei partiti.

Inoltre, è indispensabile non trascurare che i partiti politici costituiscono «associazioni parallele»[4].

In qualità di ciò vediamo il ruolo fondamentale delle sezioni di partito, qualificate su un piano giuridico come associazioni non riconosciute: così definite dalla dottrina prevalente e dalla giurisprudenza.

Dalla suddetta qualificazione ci siamo limitati a desumere due principi:

·  il segretario dell'organizzazione periferica ha la rappresentanza processuale attiva e passiva per le obbligazioni relative a rapporti giuridici posti in essere in nome e per conto della sezione periferica;

·  sussiste poi una responsabilità patrimoniale autonoma della stessa.

Questi principi sopra esplicati costituiscono l’applicazione degli artt. 36 e 38 del c.c. alle sezioni dei partiti politici, in quanto associazioni non riconosciute.

Ma sulla base di quali elementi si ritiene che le sezioni dei partiti politici costituiscano associazioni non riconosciute?

Un primo rilievo che è necessario fare riguarda il fatto che la qualificazione della sezione come associazione non riconosciuta dipenda essenzialmente dalla struttura organizzativa che i partiti si sono dati (in statuti e regolamenti), poiché non tutte le articolazioni interne a questi vengono considerate associazioni non riconosciute.

Oltre all’importanza della figura dello statuto, si è scritto molto in funzione del singolo componente di queste associazioni il quale, aderendovi, ne accetta lo statuto e la struttura e, quindi, accetta implicitamente l'organizzazione che il partito si è data.[5]

Da questo deriva che per riformulare lo statuto di una sezione si deve partire, come base, dallo statuto del partito “dell’associazione al vertice” (che detta limiti e facoltà) per adattarlo alle peculiari esigenze della singola sezione “associazione subordinata”.

Un elemento essenziale dal quale il diritto fa dipendere l'esistenza di una associazione non riconosciuta è l'accordo di due o più persone ovvero la volontà di unirsi e per conseguire uno scopo comune, questo, appunto, lo si rinviene nello statuto del partito, visto che la costituzione di un'associazione non riconosciuta non è soggetta per legge ad alcuna forma particolare (salva la forma scritta per gli eventuali apporti immobiliari in proprietà e in godimento ultra novennale o a tempo indeterminato).

Quindi, per determinare quali fra le articolazioni dei partiti politici costituiscono associazioni non riconosciute, è essenziale oltre all'esistenza di un gruppo di persone unite da un vincolo associativo, che sussistano una serie di altri elementi:

·       la presenza di uno scopo comune;

·       di un fondo comune;

·       e l'esistenza di un margine di autonomia dal quale risulti determinante la volontà degli iscritti.

Questi tre requisiti sono stati ritenuti di volta in volta, con integrazioni e precisazioni, gli elementi essenziali per la sussistenza di un'associazione non riconosciuta.

·  Scopo comune: possono definirsi associazioni non riconosciute quelle articolazioni del partito che perseguono «un duplice scopo essenziale: il primo di costituire una parte integrante del partito, il secondo di attuare la politica del partito nel modo che essa ritiene più opportuno» soddisfacendo cosi il vincolo associativo, ovvero, più semplicemente, ha come suo scopo, specifico peculiare quello di attuare lo scopo dell'associazione maggiore[6].

·  Fondo comune: L'elemento in questione nel tempo è stato interpretato in termini alquanto elastici, la discussione verteva sul carattere obbligatorio o meno del fondo comune per costituire l’articolazione (sezione). Si è innanzitutto precisato che ad integrare l'esistenza di un fondo comune è sufficiente la mera disponibilità di beni (in possesso del gruppo maggiore) e non è al contrario necessario che i beni siano anche di proprietà del gruppo minore. Si è anche ritenuto che il fondo comune non costituisce in alcun modo elemento essenziale per la sussistenza di un'associazione non riconosciuta, potendo lo scopo essere perseguito con l'apporto dell'opera degli associati ed essendo sufficiente ai fini della garanzia dei terzi la responsabilità illimitata e solidale di coloro che agiscono in norme e per conto dell'associazione.

·  “Autonomia”: Il requisito in questione è stato espresso affermando che alle articolazioni periferiche deve essere riconosciuto un margine di autonomia nel quale risulti determinante la volontà dei singoli iscritti.[7] Rispetto a ciò, si è però precisato che non è necessaria, perché si abbia autonomia giuridica delle articolazioni interne, un'autonomia decisionale delle stesse, mentre occorre «che l'iniziativa della convocazione, e la determinazione delle materie all'ordine del giorno, non spettino solo al raggruppamento maggiore; ed occorre che l'assemblea del raggruppamento minore abbia il potere di nominare gli organi direttivi di quest'ultimo, compresi quelli che lo rappresentano nei rapporti con i terzi. E si intende che, una volta accertata, sulla base di questi indizi «minimi», l'autonomia giuridica del raggruppamento minore, dovrà essergli riconosciuta ogni altra prerogativa che è propria di un'autonoma associazione, compresa quella di deliberare il proprio scioglimento».

Tutto ciò comporta la possibilità di un gruppo di soggetti legati dal vincolo associativo di manifestare liberamente la loro volontà, espressa tramite la maggioranza cosi da poter liberamente decidere di seguire le direttive fissate dal partito[8], così come deliberare di non conformarvisi.

La risposta alla domanda in conclusione è: il dato che ai fini della qualificazione delle sezioni dei partiti politici come associazioni non riconosciute è in primo luogo quello contrattuale, a cui si accodano i requisiti dello scopo, del fondo comune e della autonomia.

 

NOTE:

[1] Cfr. art .38 cod. civ.: «per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidamente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’ associazione.»

[2] Si noti per altro, che lo statuto può anche mancare nel caso in cui l’atto costitutivo contenga elementi sufficienti riguardo al contenuto e al funzionamento dell’ associazione.                   

[3] Ad esempio: laddove lo statuto dell’associazione non riconosciuta nulla prevedesse in tema di ordinamento interno, troveranno applicazione gli artt. 18 ss. Cod. civ., vedi Cass. 23 gennaio 2007, n. 1476; mentre, nel silenzio dello statuto, non troveranno applicazione le norme dettate per lo scioglimento delle associazioni riconosciute, vedi Cass. 10 marzo 2009, n. 5738.

[4] «Le associazioni parallele sono (...) caratterizzate dal fatto che tutti i rapporti associativi, anche quelli di grado maggiore, sono formati da persone fisiche: i componenti le associazioni di base sono, al tempo stesso, membri delle associazioni di grado maggiore; il rapporto associativo che unisce gli iscritti a ciascuna associazione di base coesiste con quello che li vincola nelle organizzazioni di grado maggiore e, infine, con il rapporto che associa tutti gli iscritti a tutte le associazioni sottostanti nell'associazione di massimo grado» in Galgano, Le associazioni. Le fondazioni. I comitati, Cedam, Padova, 1996, p. 279-280.

[5] Compresa quella relativa alla costituzione di talune articolazioni interne come associazioni non riconosciute e l'adesione alle medesime.

[6] Si è anche rilevato che è esperienza di tutti i giorni che più associazioni perseguano un medesimo scopo, senza perciò cessare di essere ciascuna autonoma e distinta.

[7] G. U. Rescigno, I partiti politici, articolazioni interne dei partiti politici, diritto dello Stato, p.1423.

[8] Associazione al vertice.

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