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Legge di stabilità 2014: ennesima presa in giro per la Sardegna con nessuna riforma e pochi vantaggi

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Dopo aver ricevuto a domicilio il plauso di Obama per le riforme poste in cantiere da aprile a oggi, Letta si rituffa nella triste realtà italiana dedicandosi alla legge di stabilità per il 2014, con la speranza per i cittadini sardi che veramente si riesca a riformare qualcosa, visto che finora, nonostante la chiosa “amichevole” del presidente americano, di riforme non se n’è visto neanche un accenno, e i precedenti decreti sulle semplificazioni e “del fare” hanno determinato delle mere punture di spillo che non sono riuscite ne riusciranno a pungolare l’asfittica economia italiana.

Il disegno di legge di stabilità per il 2014 contiene alcune disposizioni la cui valutazione è emblematica per poter esprimere un giudizio su questo governo-accozzaglia, dove i due principali partiti si sono uniti in uno sciagurato sodalizio che dimostra tutta la loro incapacità nella gestione della res pubblica.

Esso è diviso in sei parti, chiamate titoli.

Si vuole esprimere una valutazione sulla parte del provvedimento che ambisce a far ripartire l’economia, ossia il titolo secondo.

All’articolo 6 si trovano le misure fiscali per il lavoro e le imprese.

Il comma primo aumenta le detrazioni per lavoro dipendente, in caso di redditi superiori agli ottomila euro. Il valore di partenza della detrazione passa dai 1.338,00 a 1.520,00 stabilendo un risparmio di partenza (i calcoli variano a seconda del reddito effettivo) di 182 euro, che equivale ad un aumento in busta paga di 14 euro per chi prende la sola tredicesima e poco più di 13 euro per chi ha diritto anche alla quattordicesima.

Sono cifre ridicole che ovviamente non faranno ripartire i consumi, non avendo effetti psicologicamente positivi sui consumatori. Il comma secondo stabilisce deduzioni IRAP per le imprese che assumono a tempo indeterminato, fino ad un massimo di 15.000,00 euro.

Tali spese sono deducibili dalla base imponibile Irap e come succede per tutte le deduzioni, il risparmio reale per il contribuente si calcola con l’applicazione della percentuale di imposizione.

Calcolando appunto il 3,9% sul valore massimo detraibile si ottiene l’esiguo importo di 585,00 euro (meno di 50 euro al mese).

Volendo fare un paragone, l’agevolazione di cui alla legge 407/90 e i contratti di inserimento di cui al D. Lgs. 276/2003 permettono alle aziende un risparmio di tale entità in poco più di un mese.

Da ciò si evince la portata ridicola di questo provvedimento.

A questo si aggiunga che in Sardegna si è legiferato sulla riduzione del 70% dell’aliquota Irap, che aspetta ancora (?) l’approvazione del Parlamento.

Ciò significherebbe che con tale deduzione i vantaggi per le imprese sarde sarebbero di molto inferiori ai 200,00 euro annui per singola assunzione!

Non sarebbe di certo il pungolo giusto per stimolare l’assunzione di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.

E’ passata un pò in sordina invece una disposizione che potrebbe essere molto più impattante per le aziende: la riduzione dei premi Inail, che incidono notevolmente nei bilanci delle imprese.

E’ però prematuro dare un giudizio esaustivo in quanto il disegno di legge prevede genericamente la riduzione ma non stabilisce il quantum. Si spera che non sia l’ennesimo provvedimento di “microchirurgia”, come quelli succitati!

Il disegno di legge prevede al titolo quinto l’istituzione del temuto tributo sui servizi comunali, denominato TRISE, formato da due componenti: la TARI, a copertura dei costi di gestione dei rifiuti urbani; la TASI che dovrebbe sostituite l’IMU. Il punto di partenza è buono a dir la verità, vale a dire la razionalizzazione delle imposte comunali, e se non ci saranno salassi per i cittadini, dovrebbe garantire delle procedure di calcolo e di pagamento più snelle ed eque.

Il problema è la perenne demagogia del Governo italiano che sbandiera in pompa magna l’abolizione dell’IMU che però esce dalla porta e rientra dalla finestra con una semplice modifica della denominazione.

Per quanto ci riguarda, si tratta dell’ennesima presa in giro per i cittadini, che dovrebbero far tesoro di queste esperienze negative e sancire alla prima tornata elettorale il licenziamento definitivo dell’attuale politica, preferibilmente a favore di una classe dirigente che ambisca all’indipendenza della nostra nazione e all’agognata emancipazione del popolo sardo.

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