Mio padre Francesco Puligheddu

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Mio padre nasce ad Oliena il 18 aprile 1930, da Salvatore e Sebastiana; due giovani di condizione sociale modesta, lui abile artigiano del cuoio, un po’ idealista, lei contadina, entrambi di formazione e fede cattolica. Salvatore, partito come volontario nella guerra spagnola del 1936, forse attratto dalla promessa di un certo guadagno, ma più sicuramente convinto, come altri amici, di combattere realmente per la civiltà, per il trionfo della fede cristiana sul bolscevismo e, a modo suo, anche per la libertà, muore purtroppo sul campo di battaglia, lasciando orfani Francesco di 6 anni, insieme ai due fratelli più piccoli, Giovanni 4 anni e Mario 3. Nonna Bastiana rimane vedova giovanissima a soli 32 anni. Da vera donna olianese, porta il lutto tutta la vita, nell’abito e nel cuore. Dovendo far fronte ad una situazione economica e sociale difficile, con il sostegno dei familiari decide, nell’anno 1937 di affidare i 3 bambini ad un collegio per orfani di guerra a Cividale del Friuli. Questa soluzione dolorosa fu l'unica che, oltre allo scopo prettamente assistenziale, si proponeva di occuparsi dell'istruzione e dell'educazione civile, morale e religiosa degli orfani, infatti al suo interno disponeva di un asilo infantile, una scuola elementare, le scuole d'arti e mestieri, le officine e i laboratori per la scuola pratica di agricoltura, ed una la colonia agricola. Babbo raccontava che la vita interna era regolamentata da una rigidissima disciplina militare, e soprattutto dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, fu la formazione premilitare ad avere un ruolo importantissimo nelle attività dei ragazzi, suddivisi in squadre, manipoli e centurie comandate da ufficiali.  Babbo vi trascorse tutta la fanciullezza e l’adolescenza, gli anni difficili della guerra, fino a completare gli studi nell’Istituto di Agraria (1946). Crebbe temprato nel fisico ma soprattutto nel cuore. Nello stesso anno Francesco e i due fratelli rientrano finalmente ad Oliena e con nonna, dopo poco tempo, si trasferiscono nel Sulcis Iglesiente dove una zia, già da qualche anno, aveva avviato una attività commerciale. Fortunatamente nonna viene assunta per conto delle Ferrovie dello Stato, presso l'ufficio postale di Bacu Abis e grazie ai sacrifici e al duro lavoro, mette su casa e predispone tutto per stabilire definitivamente la famiglia ormai cresciuta; era l’anno 1949. Mio padre negli anni di collegio sviluppa un vivissimo e giustificato senso di appartenenza alla sua terra, esprime, consolida e potenzia un forte sentimento nazionalista che sfocia, non appena arrivato in Sardegna, con la decisa adesione al P.S.d’Az e con l’impegno politico attivo nella Federazione del Sulcis Iglesiente di cui per tanti anni ricopre il ruolo di Segretario. La vita non gli risparmiò fatiche di nessun genere. Il suo cammino fu sempre in salita, ma la sua determinazione e il desiderio di affermarsi superarono ostacoli e povertà. Ebbe l’opportunità di impiegarsi nella Carbosulcis, dove lavorò con dignità senza mai trascurare le possibilità di formazione professionale per acquisire nuove competenze, soprattutto in campo elettrotecnico, e riscattarsi da una situazione di disagio e di grave pericolo per la salute; guardando con interesse ad un auspicabile trasferimento nella centrale termoelettrica di Portovesme.Nell’ambiente di lavoro si contraddistinse per la capacità organizzativa dei lavoratori in situazioni  pubbliche di negoziazione determinanti. Aderì per molti anni al sindacato UIL del quale fu un validissimo rappresentante. Tale esperienza maturata con successo, segnò una significativa e coraggiosa intraprendenza nella vita pubblica di relazione. Nel periodo della sua giovinezza alternò il lavoro in miniera e la formazione professionale allo studio attento ed approfondito della politica, in particolare dei padri del sardismo. Stette accanto saldamente al leader carismatico Titino Melis, fino alla sua morte. Nei lunghi anni di militanza coltivò con lui una sincera  amicizia dalla quale scaturì un forte sodalizio come fra padre e figlio ed una autentica stima reciproca. Da lui recepì numerosi insegnamenti che lo portarono, negli anni di esperienza condivisa a maturare successivamente, la capacità di saper formulare giudizi sempre equilibrati, mediare situazioni di conflitto e dare a coloro che glieli chiedevano, consigli saggi e lungimiranti. Sposatosi con mamma Nannina nel 1957, naquero tre figli, io, Marinella, Salvatore. La nostra famiglia si stabilì dapprima a Cortoghiana, poi a Carbonia ed infine a Cagliari. Il tanto desiderato trasferimento alla “Supercentrale” arrivò nei primi anni ‘60 e con esso il giusto riconoscimento del valore umano e professionale. Ricordo perfettamente che babbo era molto apprezzato dai compagni di lavoro e dai responsabili, per la competenza, la serietà e responsabilità nell’adempimento degli incarichi affidatigli;  tanto che ricoprì, negli ultimi anni di carriera, il meritato ruolo di capo centrale. Ma anche fuori dal lavoro ricevette numerosi attestati di stima e affetto. Per esempio, una cosa curiosa è che babbo e mamma fossero stati scelti come Padrini di battesimo per 96 bambini e come testimoni di nozze da un centinaio di coppie di sposi. A Carbonia fu uno dei promotori storici del PSd’Az di cui divenne in quegli anni esponente di spicco e leader del Sulcis Iglesiente, dove si era ormai radicato grazie alla sua opera rivolta al sociale, in particolare alla popolazione più disagiata. Fu fondatore, insieme ad un piccolo gruppo di sardisti, della storica sezione intitolata a Mario Granella (grande fraterno amico, scomparso ancora giovane, improvvisamente, mentre rientravano in nave da un viaggio di lavoro). Nell’animo di babbo intanto si radicava sempre più il vero sardismo, militante e generoso. Fu un uomo straordinario, coerente, pulito, trasparente, che grazie alla non comune intelligenza e alla fermezza del carattere seppe essere una guida e un punto di riferimento, non solo per la famiglia e per gli amici ma per tutti coloro che lottavano per il riscatto del popolo sardo. La sua profonda umanità e la delicatezza con la quale aiutava i più umili,la sua disponibilità nei confronti di tutti e la sua caparbietà nel difendere i diritti dei più bisognosi ne fecero ben presto un fulcro, un modello e un esempio da seguire nell’agire quotidiano fra i compagni di partito e coloro che gli vivevano accanto. E’ stato amministratore del comune di Carbonia per 20 anni (1964/1984) . Ha ricoperto gli incarichi di vice sindaco, assessore alla viabilità, alla sanità, ai lavori pubblici, alle finanze. Per molti anni fu unico amministratore sardista in Sardegna, insieme a Nino Piretta a Sassari. Non ebbe mai tentennamenti, né chiaroscuri di fedeltà al proprio ideale. Seppe testimoniare la propria adesione anche nei difficili momenti di solitudine. Contrastò con fermezza ma con grande rispetto il PCI e la DC che in quegli anni dominavano la scena politica. Non scese a compromessi con nessuno né fu mai preda di ricatti. Questo suo "contatto autentico" con la gente non terminò mai, neanche quando negli anni '80 entrò a far parte dell'Assemblea legislativa della Sardegna. Fu eletto in Consiglio Regionale, per la prima volta, nel 1984 nella lista del Partito Sardo d'Azione, nella circoscrizione di Cagliari con 3.943 preferenze. Ricordo la sua campagna elettorale, un autentico porta a porta, senza alcun dispendio di denaro, ma caratterizzata da una grande mobilitazione di amici, familiari e conoscenti. Dall'inizio della legislatura ricoprì l'incarico di Presidente del Gruppo consiliare Partito Sardo d'Azione fino a quando fu nominato Assessore Regionale della difesa dell'ambiente nella Giunta guidata dal presidente Mario Melis. La sua esperienza nell'Esecutivo durò un anno. Tornato tra i banchi del Consiglio, dopo pochi mesi, fu rieletto Capogruppo dei Quattro mori. Riconosciuto da tutti, compresi gli avversari; politico attento ai problemi della gente e fine conoscitore degli ideali e dei principi sardisti. Fece parte della Commissione speciale per una indagine conoscitiva sulla condizione economica e sociale delle zone interne della Sardegna interessate da particolari fenomeni di criminalità di cui fu relatore. In quell’occasione studiò meticolosamente il fenomeno dei sequestri di persona, delle rapine e degli omicidi, l’abigeato e i furti dei capi di bestiame, la questione della latitanza, la balentìa. Analizzò la società sarda, ricercando le cause del malessere nel conflitto esistente fra le due civiltà: quella “Barbaricina” e quella del centralismo regionale e statale, esterna, imposta alla comunità. In quella relazione espresse, profeticamente come il “processo di industrializzazione” avrebbe portato a conseguenze che non si sarebbero limitate agli aspetti economici e professionali del lavoro ma avrebbero investito tutta la vita culturale e sociale della Sardegna. E affermò che la “crisi psicologica e culturale” che lo sviluppo industriale delle zone interne della regione avrebbe determinato; sarebbe stata Lunga, Grave e Drammatica. Avvertì l’urgenza di studiare ed elaborare un progetto che avesse previsto l’uscita dal circolo vizioso e la creazione di un tessuto di piccole imprese, legate alle risorse della Sardegna e delle zone interne in particolare. Fece della proposte mirate, tese ad affrontare tre grosse questioni: a) La cultura e l’Identità; b) La disgregazione sociale; c) Il Lavoro. Senza dimenticare una riforma del sistema dei partiti. Fece anche parte della Commissione bilancio e della Commissione programmazione economica e sociale, fu inoltre Presidente della Commissione Urbanistica. Confermato in Consiglio regionale nella X legislatura, sempre nel collegio di Cagliari, questa volta con 8.050 preferenze, più del doppio rispetto alla precedente. L’esito elettorale fu una grande soddisfazione, per lui e per coloro che lo sostennero con convinzione. Venne nominato nuovamente Presidente del Gruppo consiliare del P.S.d'Az. ed eletto vicepresidente della Commissione programmazione economica e sociale. Fu direttore del periodico bimestrale “Forza Paris” a cura del Gruppo Sardista in Consiglio Regionale. Copiosa la sua attività legislativa che fu caratterizzata da numerosissimi provvedimenti in materia di identità della Sardegna, di riconoscimento dei diritti dei sardi, di agricoltura e di trasporti. Tra le mozioni presentate, e di cui fu primo firmatario ricordo, perché la elaborò con passione, quella che intendeva introdurre il Sardo tra le lingue ufficiali della Comunità Europea, sostenendo come le lingue delle nazionalità e delle minoranze rappresentassero la base fondamentale di un’autentica rinascita. Le sue battaglie politiche, soprattutto sul rapporto di sudditanza nei confronti del Governo Nazionale, sulle Servitù Militari, sul Piano di Rinascita, sulla Zona Franca,  sulla lotta alla cementificazione e agli incendi, sul problema della Tossicodipendenza e sugli eserciti di potere nel Settore Bancario, furono sempre portate avanti con convinzione e rigore. Babbo non smise mai di combattere, anche quando terminò il secondo mandato consiliare, per quello che lui definiva "il riscatto del popolo sardo". Non amò la mondanità, condusse una vita semplice, all’insegna della sobrietà, realizzando quel connubio perfetto di amore per la Sardegna e per la famiglia.

 

Francesco Puligheddu si spense a Cagliari, all’età di 81 anni, il 23 ottobre 2011.