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Michele Columbu, unu ammentu

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 A un’annu dae sa dispedida de Micheli Culumbu cherzo ammentare sa frigura de cust’omine politicu e iscrittore chi at sighiu cun passione politica e literaria custos ùrtimos belle settant’annos de istòria cussideradu chi at comintzau faghende su sindicu de su CNL in su 1944 e l’at finia cun s’ùrtimu interventu pubblicu in d-unu cossizu nazionale de su partidu in su mes’e marthu de su 2009.

E in su 2009 at tratau de alliantzias, tema chi zai in su ’44 si tratavat, cando Lussu, zai dae tando cheriat chi su partidu esseret addiriu a su partidu de Azione, a unu partidu natzionale e arribat, in su 1948, a si ch’andare dae su partidu sardu e a fundare prima su partidu socialista sardu de Atzione e tando a addirire a su partidu socialista de Nenni.

Ebbene, Michele Columbu nel 2009 ha parlato di questo momento delicato del partito sardo del 1948 e ha detto che col cuore era con Lussu, che ammirava e apprezzava, ma ha deciso di continuare la battaglia all’interno del partito sardo e non se l’è sentita di seguirlo quando Emilio Lussu uscì dal partito.

E il tema delle alleanze, con le forti e a volte laceranti discussioni e scissioni che ne sono seguite, sono state quasi una costante nel Partito Sardo d’Azione in occasione degli appuntamenti elettorali e Michele Columbu ha vissuto tutti questi momenti, ma sempre da sardista, a momenti critico, ma sempre dentro il partito, anche con sofferenza qualche volta.

Aveva già insegnato a Oristano alla fine degli anni Trenta, anche prima della laurea e Italo Ortu, mi ha parlato di una foto, regalatagli da un allievo di Michele Columbu di quel periodo.

Poi la guerra e la campagna di Russia di cui, tra l’altro scrive:

Presto mi toccarono altre avventure, anzitutto quella di ritrovarmi ufficiale di cavalleria fra tanti simpatici conti marchesi baroni visconti in un reggimento famoso e glorioso che si chiamava Lancieri di Novara. Purtroppo fui coinvolto in una lontana guerra, per motivi poco chiari, e mi capitò abbastanza spesso di galoppare ai fianchi di truppe cosiddette nemiche e di molestare ucraini, tartari, uzbechi e kirghisi che incrociavano l’antica pianura sarmatica per conto di Stalin.

Da parte mia nulla di personale, intendiamoci, e quando mi inseguivano gli uzbechi, io e i miei eravamo più veloci e non ci vergognavamo di ripetere la deploratissima tattica dei Parti, comparendo e scomparendo come in un gioco e una danza. Senonché le armi erano vere e molte le disgrazie”.

Nel ’44, c’è ancora podestà Carolinu Licheri, originario di Sarule, e in primavera Michele Columbu viene nominato con decreto prefettizio sindaco insieme una giunta di 4 persone.

Michele Columbu si presenta dal podestà per la consegna del testimone e Licheri abbandona la carica con grande correttezza e passa il testimone.

Michele Columbu tiene la carica fino a tutto il 1944, mentre il 1 gennaio 1945 viene sostituito dal sindaco Giovanni Lostia che rimane in carica fino alle prime elezioni amministrative del marzo del 1946.

Si arriva al referendum del 2 giugno: monarchia o Repubblica. Lotte politiche, comizi, discussioni, i sardisti facevano i comizi per la repubblica, e quindi anche Michele Columbu, ma venivano indicati dalle militanti dell’Azione Cattolica sos de su divortziu, e facevano riferimento a Lussu.

Mi raccontava invece che a Lodine sembravano tutti orientati per la monarchia, come del resto quasi dappertutto in Sardegna, ma arrivò un repubblicano che sparse questa voce: ‘si votaes a sa repubblica dae su cras no azis a bìere prus anca de carabineri’. E votarono per la Repubblica.

Per sostenere le tematiche sardiste nel Referendum e alla Costituente, Michele Columbu a Nuoro, dove insegnava, pubblicò, nel 1946, il numero unico ‘Il sardo sbendato’ : c’è lotta con la Chiesa, i clericali, i democristiani e i comunisti. Sa lotta politica no est papassa. Una lotta dura tra i sardisti e il clero al punto che in certi paesi furono celebrati funerali laici, con l’assenza del prete. E Michele Columbu firma molti pezzi con pseudonimi come ‘un cattolico sardista’, ‘Il cantastorie’, ‘Il cronista’, ‘Gorroppu’, ‘Catone’

Nel 1948 ecco la scissione di Lussu, l’ormai leggendario padre del sardismo esce dal partito.

Michele Columbu rievoca quel drammatico momento storico: ”… la scissione del Partito Sardo d’Azione mi lacerò anche personalmente – dirà in seguito – in quanto mi sentivo vicino a Lussu per molti versi ma restavo fedele al principio irrinunciabile di un partito tutto sardo e autonomo oltre che autonomista.

Ed è proprio ora che decide di partire dalla Sardegna e di andarsene a Milano.

Cosi parla di questa scelta: “In questa condizione di spirito maturai il proposito, non so se vile o coraggioso, di gettare la tonaca alle ortiche, per così dire, e di lasciare la Sardegna. Senza gli Dei Penati nella valigia, senza un chiaro programma, tranne quello di trovare una nuova patria, come l’antico Troilo scacciato dall’isola di Salamina, me ne partii per Milano, risentito non so con chi e pronto a ricominciare tutto daccapo”.

E racconta ancora della sua vita a Milano, ma anche degli Dei Penati che lo tormentavano dicendogli : perché non pensi alla Sardegna? E ricorda gli studi di letteratura, di grammatica, di linguistica, l’interesse per la speleologia, ma altro che se pensava alla Sardegna di cui aveva sempre nella mente gli odori del vento e del mare, è lui che parla, del mirto e del lentischio, e cento voli di pernici, eriche, cisti e serpilli.

Siamo nei primi anni dell’autonomia, il Partito Sardo è in Giunta con i democristiani in Regione con assessori di grande valore come Piero Sotgiu e Giangiorgio Casu, e ha il presidente del Consiglio Regionale Anselmo Contu, ma è anche il periodo in cui Michele Columbu pensava che ci avessero dato un’autonomia truccata, una specie di patacca.

Ma, continua Michele Columbu, “il guaio era molto più grave e si nascondeva nel cuore dei sardi e nella mente dei sardi stessi; non capivamo, e molti ancora non capiscono, che non si può diventare autonomi soltanto in virtù di una legge”.

Nel 1958 quando il partito sardo stringe un’alleanza elettorale con il Movimento di Comunità, convinto sopratutto dall’ingegner Olivetti, un uomo affascinante per cultura e intelligenza, ispiratore e finanziatore del movimento, Michele Columbu si candida nel collegio di Milano Pavia e così rievoca quella campagna elettorale:

“Candidato a Milano tenevo deserti comizi nelle periferie della città, con l’assistenza di due giovani – l’autista e il ‘tecnico della voce’ – che mi applaudivano e mi sfottevano stringendomi la mano: ‘Formidabile! Favoloso’. Subivo e tacevo. Più avanti seppi che erano fascisti. Bravi ragazzi, intendiamoci, sempre allegri. Io invece ero triste, e un pomeriggio che fui spedito alla cittadina di Meda non ce la feci più.

Mi avevano schierato in una piazzetta aperta su una strada di molto traffico, autocarri e automobili, ma soprattutto ciclisti a frotte, che pedalavano a testa bassa mentre io mi affannavo a rispolverare concetti di democrazia, autonomia, giustizia. Sulle colline della Brianza. Un macellaio ogni tanto veniva sulla porta affilando un coltello, scambiava due parole col vicino salumaio e spariva; poi usciva il salumaio asciugandosi le mani sul grembiule, parlottava col barbiere e se ne tornava dentro per afferrare non so che. A me neppure un’occhiata. Allora mi sentii tanto solo e con una grande voglia di ridere di me e di tornarmene a casa, a Ollolai, in Sardegna. Abbasso l’autonomia, evviva il salame! E a un tratto continuavo il comizio in ollolaese stretto, tutto pastorale e pittoresco. Ja sezis malos, ma ego puru! Per venti minuti improvvisai storie di vivi e di morti, ponevo domande minacciose, mi rispondevo timidamente e con violenza, mi agitavo, mi rimproveravo. E nulla: il barbiere parlottava, il macellaio affilava coltelli, i ciclisti pedalavano. Terminai, Viva la Repubblica, con ritmo travolgente, e i due tecnici mi strinsero la mano, formidabile, favoloso. Non avevano ascoltato una parola, quei traditori! Ma anch’io, a loro insaputa, ero soddisfatto. E non feci altri comizi”.

Con lui erano candidati anche Gonario Deffenu, medico e docente universitario, il sociologo Franco Ferrarotti, l’editore Alberto Mondadori. In quel periodo pubblica tre articoli nel Solco tra cui ‘Il ritorno del combattente’.

Si sperava nei voti degli emigrati, ma i voti non arrivano e sarà un altro insuccesso. L’unico ad essere eletto sarà Adriano Olivetti, che si dimetterà (tra l’altro morirà poco dopo) e lascerà il posto a Franco Ferrarotti.

“L’alleanza mancò gli obiettivi, ma i sardisti nel 1958 – scriverà dopo Michele Columbu – aprirono la via a quei collegamenti culturali e politici col mondo esterno con le alleanze elettorali col Pri nel 1963, col Pci nel ’72 e nel ’76, con le minoranze etniche italiane nel 1984, che guideranno il Psd’A fino al suo ruolo attuale di partito europeo”.

Nel 1964 Michele Columbu torna in Sardegna e ricomincia da Ollolai partecipando alle elezioni comunali. Viene eletto sindaco in una lista civica.

Durante la settimana vive a Cagliari, impegnato nell’insegnamento a scuola, e il sabato e la domenica a Ollolai per trattare delle tematiche del Comune e per fare i Consigli Comunali.

La situazione del paese era drammatica, il bilancio del Comune quasi inesistente, la Regione sorda ad ogni richiesta, anche se ci sono pure gli amici sardisti; pare che abbia risposto, anche se con parsimonia, solo il prefetto che finanzia l’ECA. Il sindaco si rendeva conto che in quelle condizioni non si poteva amministrare, non poteva soprattutto amministrare la miseria.

Insomma il sindaco è disperato, ne ha per tutti, anche per il suo partito, critica anche l’autonomia, considerata una patacca, un imbroglio, altrettanto lo Statuto, da rifare, e medita un’azione clamorosa per attirare l’attenzione del mondo politico per quel suo povero paese, che neanche il Touring Club riporta nelle sue cartine geografiche, per svegliare il mondo politico in modo che si interrogasse sul perché la Sardegna non rifioriva, non rinverdiva, non rinasceva, anzi se la prende proprio col piano di rinascita, intelligente e bello come un’Idea platonica, ma inattuato o inattuabile.

Ecco quindi, dopo varie ipotesi di protesta clamorosa, l’idea della marcia a piedi, da Cagliari a Ollolai e a Sassari.

Ma la marcia bisognava motivarla, doveva basarsi su un programma e Michele Columbu stila un lungo programma-manifesto che viene in parte riportato dai giornali, soprattutto da Sardegna Oggi, un periodico diretto da Bustianu Dessanay, cognato di Antonello Satta di Gavoi.

Parte da Cagliari, da piazza Yenne, prima osservato da pochi curiosi, ha addosso una fascia con la scritta ‘Sindaco di Ollolai; man mano che attraversa i paesi del Campidano sempre più persone lo seguono, lo accompagnano per lunghi tratti; la radio, la televisione, i giornali trattano della marcia per la rinascita del sindaco di Ollolai. Ormai in quasi tutti i paesi lo accolgono con simpatia e sopratutto i sardisti, prima diffidenti e anche preoccupati da questa scelta, si organizzano per sostenere e incoraggiare questo sindaco che non protesta solo per il suo paese, ma diventa il simbolo de sos murrunzos e de sa povertade chi non si podiat amministrare in peruna vidda de sa Sardigna, e mancu de ateruve.

E dunque, com’era successo a Giovanni Maria Angioy che, mentre marciava da Cagliari a Sassari come Alternos, fu protetto e sostenuto da un sempre più numeroso gruppo di persone che divennero folla a Sassari, anche per Michele Columbu successe la stessa cosa e arrivò a Ollolai, sempre a piedi, seguito e acclamato da una folla di sostenitori, mentre nel suo paese vi erano ad attenderlo tutti i compaesani, le scuole, e moltissimi, anzi centinaia di altri cittadini provenienti da varie parti della Sardegna e i rappresentanti di molte forze politiche che condividevano la marcia e i motivi per cui era stata intrapresa. Anche i sardisti ormai avevano capito l’importanza che quel gesto aveva.

Non vi leggo l’interessante, colto e provocatorio documento-manifesto che inizia con ‘Cinquanta capifamiglia, di Ollolai, sono disoccupati da capo a piedi, chiedono lavoro con arroganza e s’invocano a me Sindaco in modo ossessivo, e ho paura che mi mangino … e accenna a Ospitone, all’assenza dell’acquedotto e delle fognature, alla miseria che non si amministra, alla Castello della Regione e al suo esercito di impiegati formica, alla sua burocrazia elefantiaca che soffoca qualunque nascita e rinascita e fa rabbrividire la più calda primavera.

Una marcia contro tutti i Partiti, contro questo tipo di democrazia antidemocratica, contro i giornali, le riviste, la radio, la televisione.

Intanto la marcia proseguiva fino a Sassari e avremo occasione sicuramente di parlarne in modo più approfondito e specifico qui o altrove.

E di questo evento ne parleranno tutti i giornali, le radio, la televisione, anche a livello nazionale.

Ma ne parleranno sopratutto i giornali di partito e se ne discuterà nel partito sardo d’Azione subito dopo nel Congresso di Ozieri i cui atti verranno pubblicati in un’opera dal titolo ‘L’autonomia politica della Sardegna’ la cui l’introduzione sarà dedicata proprio alla marcia di Michele Columbu per il quale si dice: Il Congresso di Ozieri acquisterà un valore nella storia del Partito Sardo d’Azione con il passare del tempo. Esso si inserisce nel processo di risveglio sardista che ha avuto come piccolo padre, nell’aprile del 1965, Michele Columbu, sindaco di Ollolai. In quella occasione tutta la Sardegna era stata colpita da una folgore. Un uomo solo, che era anche sindaco, cioè capo di una comunità isolana di cittadini, di una comunità di montagna, di una zona povera, sottosviluppata, abbandonata, aveva voluto richiamare l’attenzione delle autorità regionali e d’oltremare, immemori e irriconoscenti verso chi, come le popolazioni dell’interno, sentiva più grave il peso della tragica situazione economica in cui si dibatteva tutta la Sardegna, con una marcia coraggiosa di quasi quattrocento chilometri: Cagliari-Ollolai-Sassari. Una marcia di protesta contro tutto e tutti, ma che rivelava la disperazione di un popolo oppresso di cui Michele Columbu, con coraggio civile e decisione ragionata, si faceva vessillifero.

Del resto le dichiarazioni rese da Michele Columbu a Cagliari, al momento della partenza, soprattutto le sue nette affermazioni di protesta contro quella autonomia che ci è stata elargita dall’alto come una elemosina e una pietosa concessione perchè, come nei secoli passati, continuassimo a tacere e a soffrire, contro quell’autonomia che non è autonomia, ma è velato centralismo con manifestazioni del tutto formali, che non consente al popolo sardo di governarsi da solo per darsi le istituzioni che alla sua vita sono più consone, che allontana sempre più le prospettive di un rinnovamento e di una rinascita sostanziale, sono da sole sufficienti a spiegare -proprio nella loro profonda rispondenza con il momento storico che attraversiamo- il perchè di questo Sardismo, di questo movimento d’opinione, di questo Partito di lotta, di questo strenuo difensore delle libertà fondamentali del nostro popolo, di questo antesignano di un profondo rinnovamento sociale e civile, di questo esempio -nella storia del Mediterraneo- di ribellione costante e decisa contro tutta la sopraffazione passata, presente e futura.

Michele Columbu ha dimostrato ai tiepidi, ai pusillanimi, ai venduti, ai nemici della Sardegna, che il Sardismo è ben vivo e vitale e che la sua validità, proprio nella espressione politica che il Partito Sardo gli conferisce, si proietta luminosamente nel futuro. E’ più che mai vivo, il Sardismo, in questo momento, con la sua intransigenza, con la sua purezza, con la combattività, con la vivacità delle idee che esprime, con lo spirito di avanguardia che infiamma le coscienze dei giovani e giovanissimi che -nonostante le lusinghe dorate dei movimenti politici nazionali- hanno saputo fare razionalmente una scelta.

E l’ondata di entusiasmo che ha accompagnato la marcia di Michele Columbu sino al trionfo della piazza di Sassari ha dimostrato le inesauste energie di questo piccolo grande Partito, le possibilità offerte a tutti i sardi nel duro cammino della democrazia e della libertà dai suoi ideali, la necessità di una lotta per il definitivo riscatto di un popolo nobile e generoso.

Quella clamorosa manifestazione di protesta contro uno stato di cose intollerabile, quali l’immobilismo del governo regionale e il disinteresse del governo centrale, la spaventosa fuga verso la Germania (che Columbu aveva definito in un’intervista ‘seconda patria’) e verso altri paesi progrediti, il servilismo costante dei sardi ai diversi livelli (‘agenti di governo’ diceva Columbu), l’acquiescenza di uomini responsabili per tutte le angherie ripetute e ribadite contro gli elementari diritti e interessi dei sardi, la posizione spesso rinunciataria del suo stesso e nostro Partito, aveva spinto Columbu a fare – nel suo discorso di Sassari- una dichiarazione di estrema importanza, il cui significato non deve sfuggire a noi, anche se il tempo lentamente cancella i ricordi, e che da sola riassume tutta l’insofferenza, la delusione, la disperazione del popolo sardo, ancora una volta tradito nella sua aspettazione più forte: quella dell’autonomia, della vera autonomia. Columbu aveva detto con parole dure e precise che di “questa autonomia, così come ci è stata regalata da Roma, non ce ne facciamo niente. Dobbiamo avere il coraggio di dire ‘no’ a questo statuto. Perchè l’autonomia dobbiamo farcela da noi, i sardi, tutti uniti. Perchè dobbiamo scuoterci questa servitù coloniale che dura da troppo tempo. Dobbiamo strappare questo Statuto e darcene un altro che sia libero, che sia nostro, che sia sardo“.

Sono parole che non possiamo non condividere, nella loro essenza più lata. Sono parole che ci colpiscono come una scudisciata, che ci fanno vergognare di non essere stati ‘presenti’ laddove c’era bisogno di noi, di tutti noi; ma sono le parole che hanno risvegliato la coscienza dormiente di molti, di troppi sardisti che non credevano più nella funzione insostituibile di questo vecchio e glorioso Partito. E non vi è niente di retorico nella drammatica affermazione di Michele Columbu, niente di velleitario, niente di rivoluzionarismo salottiero di una certa classe intellettuale impegnata; perchè Columbu in quel momento era la Sardegna, tutta la Sardegna.

Abbiamo voluto ricordare questa importante tappa della storia del Partito Sardo d’Azione nel secodo dopoguerra, perchè in effetti segna il punto di partenza di un rinnovamento assai marcato nella sua azione politica. L’avere Michele Columbu con semplicità di linguaggio ma con calore umano elevatissimo accennato felicemente alle terre d’Africa, paragonando la nostra isola a quei territori ugualmente calpestati e sfruttati dalle potenze coloniali, e averne nel contempo tratteggiato il parallelismo storico con la Sardegna, la stessa necessità di riscatto, gli stessi problemi di fondo, sempre nel memorabile discorso di Sassari, significa per noi ritrovare le ragioni intime di qesta ribellione contro uno stato di soggezione che ci lega da troppo tempo. Ed è questo uno dei motivi che giustificano -innanzi tutto- la presenza del Sardismo con un suo inequivocabile spazio politico, un suo linguaggio differenziato, una sua responsabilità di fronte alla società multiforme negli aspetti esteriori, ma totalmente schiava oggi -come ieri- nel suo complesso, la sua espressione più autentica di movimento popolare, la sua realtà comunitaria, la sua vocazione di libertà ( da L’autonomia politica in Sardegna 1965, ed. Sardegna Libera)

Ma chi meglio di tutti raccontava episodi, aneddoti gustosi e curiosi, e cronache della marcia era lui, in lunghe e piacevoli conversazioni, quando capitava a Ollolai come ospite nelle nostre famiglie.

Il lavoro da sindaco continua con uguale passione dopo la marcia, ma è la sua attività politica all’interno del Partito che si afferma con maggior autorevolezza, soprattutto nel dibattito per la riforma dello Statuto e per il superamento dell’autonomia, che gli è troppo stretta, e teorizza e approfondisce l’idea di una Sardegna indipendente rispondendo in modo puntuale alle accuse di separatismo e grazie al suo impegno lo statuto del Partito arriva a parlare di autonomia statuale nel 1968 e di indipendenza nel 1981, come traguardo finale delle lotte sardiste.

Nel ’68, dopo le deludenti elezioni politiche per il Partito Sardo, come capitava e capiterà sempre più spesso, si dimette da sindaco di Ollolai, amareggiato per i magri consensi elettorali dei concittadini, e scrive una lunga lettera aperta distribuita a tutte le famiglie ollolaesi.

Si susseguono i dibattiti sulla lingua, sull’etnia, sulle nazioni proibite, come le chiamerà Sergio Salvi, e Michele Columbu interviene con numerosi articoli che sono di grande attualità anche oggi.

Nel 1972 inizia la sua avventura in parlamento alla Camera dei Deputati eletto come sardista in seguito ad un’alleanza col PCI.

E ci teneva a precisare che era stato eletto come sardista e non come indipendente, come spesso ancora oggi molti riferiscono.

Nei suoi interventi alla Camera è quasi una costante la difesa della Regione, la sua autonomia per la quale pretende competenze maggiori di quelle attuali, il miglioramento dell’agricoltura e della pastorizia, la lotta contro lo sviluppo distorto creato dall’industria petrolchimica che non ha certo portato alla rinascita della Sardegna. E i risultati nagativi si vedono soprattutto oggi.

Dal 1972 al 1976, anno di conclusione della legislatura, si sono susseguiti il governo Andreotti, quelli di Mariano Rumor,1 e 2, e quello Moro e Michele Columbu è intervenuto per dichiarazione di voto per tutti i quattro governi.

Accorato e significativo un intervento per difendere la presenza nel territorio, e soprattutto nella storia della Sardegna, del Partito Sardo d’Azione, che agli occhi dello Stato non esiste in quanto il suo simbolo non era presente nelle schede elettorali.

Michele Columbu ripercorre a grandi linee la storia del Partito Sardo, cita le lotte per l’autonomia, riporta le intraprese dei suoi uomini migliori e ne rivendica l’esistenza in quanto facente parte integrante della storia della Sardegna nel Novecento.

Ma per lo Stato il PSd’Az. non esiste e quindi non ha diritto al finanziamento pubblico dei partiti.

Ma oltre agli interventi alla Camera, e anche nella Commissione Agricoltura, di cui era vicepresidente, c’è la sua partecipazione al dibattito e ai convegni per l’approvazione del nuovo Piano di Rinascita, la legge 268, e mi ricordo un suo brillante intervento tenuto a Cagliari, alla Fiera, nel 1974, dinanzi ai sindaci e agli amministratori locali di tutta la Sardegna, compreso l’allora sindaco di Ollolai Salvatore Columbu e la sua giunta con i quali ero sceso anch’io in rappresentanza della minoranza consiliare.

Lo Stato aveva concesso 600 miliardi, mentre se ne chiedevano 1.000. Per il primo piano di rinascita, nel 1962, legge 588, aveva stanziato 400 miliardi.

Intanto continua la lotta per la pastorizia con l’ARPAS e l’impegno sempre più assiduo nel Partito e nel 1974, al Congresso di Cagliari, sempre alla Fiera, viene eletto segretario politico del Partito Sardo d’Azione e sostituisce così Titino Melis che reggeva il Partito Sardo dalla fine degli anni ’40.

Anno cruciale il 1974, il partito subisce una cocente sconfitta elettorale alle regionali, viene eltto solo Titino Melis e, alla sua morte, nel 1976, gli subentra Bruno Fadda, che intanto aveva anche fatto in tempo ad abbandonare il Partito Sardo.

E Michele Columbu scrive una lettera riservata ai sardisti, di due pagine soltanto, in cui parla apertamente di indipendenza come obiettivo politico per l’emancipazione del popolo sardo.

Ricordo che quella lettera venne ripresa dal Secolo d’Italia, il quotidiano del Movimento Sociale, che accusa l’on. Columbu di attentato all’unità della Repubblica e alla Costituzione.

Siamo andati a Nuoro con zio Michele a cercare quel numero del Secolo e con molta fatica, perché erano poche le copie che arrivavano anche a Nuoro di questo giornale e non lo si vendeva nemmeno in tutte le edicole, riuscimmo a trovarlo per vedere in modo integrale come avevano reagito i missini.

Ma un argomento che mise in discussione le scelte economiche della Sardegna fu la presentazione , nel 1975,della proposta di legge sulla Zona Franca, antico cavallo di battaglia del Partito Sardo d’Azione sin dalla sua fondazione, ripreso in seguito durante i lavori della Consulta e nell’Assemblea Costituente e poi caduto nel dimenticatoio.

La proposta era composta di un solo articolo, in Parlamento non fecero neanche in tempo a discuterla, ma in Sardegna creò un acceso dibattito con rubriche apposite create anche nel quotidiano ‘La Nuova Sardegna’ e che portò questa tematica della Zona Franca all’attenzione di tutte le forze politiche. Sull’argomento si fecero studi, approfondimenti e se ne parlò nella successiva legislatura al Senato con una proposta del senatore Mario Melis; in Consiglio Regionale il partito sardo, ma anche altri partiti, si adoperò a presentare varie proposte e ancora oggi la tematica è di grande attualità e speriamo che si arrivi a concludere qualcosa.

Ma chi ha ripreso il dibattito in merito a questo argomento è stato Michele Columbu

Ma nel 1974 Michele Columbu scrive un saggio-riflessione sul ruolo del Partito Sardo nella storia politica della Sardegna nel secondo dopoguerra, partendo dalle motivazioni politiche della uscita di Lussu dal partito, parlava della politica sardista degli anni cinquanta e sessanta, delle alleanze, delle lotte interne, della prospettiva sardista e di molto altro.

Con questo saggio, in forma di lettera ai sardisti, Michele Columbu voleva aprire un dibattito sul sardismo e continuava questo dibattito in numerose pubblicazioni o numeri unici, di cui era direttore, e spesso anche estensore della maggior parte degli articoli presenti, anche se non tutti firmati da lui.

Avrei bisogno di tutta la sera solo per elencare le iniziative che ha intrapreso dopo il settantasei,

finito il mandato parlamentare, per rilanciare il partito, nonostante si fosse dimesso da segretario nel 1978, della sua elezione a consigliere comunale di Cagliari nel 1980, e per qualche giorno è stato anche sindaco di Cagliari, di cui era cittadino onorario, avrei bisogno di molto tempo per parlare del suo impegno per la lingua sarda, del periodo del vento sardista,che ha portato all’elezione del primo presidente sardista della Giunta Regionale, Mario Melis nel 1984 e nello stesso anno alla elezione di Michele Columbu al Parlamento Europeo, primo sardista anche in questo caso, e dei suoi impegni tra Strasburgo, Bruxelles e la Sardegna dove condivideva la responsabilità del delicato, e a volte tormentato, governo del partito come presidente.

E anche dopo il mandato europarlamentare il suo contributo sulle problematiche della questione sarda fu sempre puntuale sia nei congressi del Partito che negli incontri o numerosi convegni cui partecipava o sulla stampa quotidiana e periodica.

Tralascio, per il momento, i suoi impegni letterari e di parlare delle sue opere principali L’aurora è lontana e Senza un perché.

Come ho detto all’inizio il suo ultimo discorso in pubblico fu a Tramatza nel 2009, un discorso lucido, profondo, ascoltato con religioso silenzio da un Consiglio Nazionale commosso che gli tributava affetto e rispetto come si conveniva ad un patriarca nobile del Partito, per quest’uomo che si era speso per quel Partito nei momenti di difficoltà e in quelli in cui le bandiere dei Quattro Mori garrivano al vento che le accarezzava con favore. Tutti volevano toccarlo, come si fa con i santi, qualcuno gli chiedeva se lo poteva abbracciare.

Amava Ollolai fra tutti i paesi del mondo, anche se era molto critico, come lo siamo un po’ tutti, era per lui il paese simbolo, come durante la marcia era diventato un paese paradigmatico, la metafora del fallimento del Piano di Rinascita.

E ritornava spesso a Ollolai, non solo durante gli ultimi anni, e gli Dei Penati lo hanno accompagnato nella sua lunga vita e quindi non poteva non scegliere di poter riposare nel suo paese vegliato costantemente da quei Dei Penati dei quali, già quand’era a Milano, sentiva i forti richiami.

E con i suoi scritti, con i suoi messaggi è stato, per chi ha avuto la fortuna di averlo vicino, lucido fino alla fine e, anzi, anche dopo, grazie alla mirabile trasposizione cinematografica del figlio Giovanni in ‘Su Re‘, il suo spirito e la sua voce di antico profeta sembrano diffondersi ancora nell’aria, trasportati dal vento a nostra difesa ora che anche lui è diventato uno degli Dei Penati più straordinari e significativi.

Finisco dicendo che è stata per noi una grande fortuna non solo averlo come parente stretto, ma averlo soprattutto conosciuto e aver ricevuto da lui tanti insegnamenti di cui gli saremo sempre grati.

E aveva previsto anche l’anno della sua scomparsa.

Basta rileggere le ultime righe della postfazione che nel 2003 per la riedizione di ‘L’aurora è lontana’ per conto della Nuova, parlando della madre, zia Anna Mazzone, che nipoti e pronipoti chiamavamo Mazzone, zio Michele allora scrisse: D’altronde aveva previsto anche questo: Il novantottesimo, diceva, è sempre il più difficile. Sorrideva come se scherzasse, ma giusto a 98 anni ci lasciò. Ora io sono molto e molto più giovane - neanche novanta - eppure ci penso: Che cosa succederà? Un male comune, anzi comunissimo, questo lo so, ma il mezzo gaudio è sicuro?

Grazie zio Michele per quello che hai dato, per il tempo che ci hai dedicato, per quello che hai fatto per Ollolai, per il Partito, per la Sardegna e per l’umanità intera.

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